Da grande voglio fare l’archistar

Architetti: quanti sono nel Cremonese e in Italia. Gli studi, le prime retribuzioni, le qualifiche, la formazione, il lavoro in team. Meglio fare pratica a Cremona e Crema o in un grande studio a Milano?

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Vuoi diventare un archistar come Frank Gehry (il primo nella top ten degli architetti più famosi al mondo) o come Renzo Piano (settimo in graduatoria)? Non solo devi laurearti e superare un esame di Stato, ma all’inizio devi accontentarti di guadagnare al massimo 1.000 euro al mese, se non hai la fortuna di avere il padre o un parente stretto che ha già uno studio avviato in questa professione.

Lo stipendio è risicato per due motivi. Il primo: la concorrenza è elevata sia nel Cremonese (gli iscritti all’Ordine oggi sono 707, in aumento dal 2020 quando erano 663), sia, in generale, in Italia (gli architetti sono 153mila con una densità di 2,5 professionisti per mille abitanti). Il secondo motivo: gli inizi per chi è giovane e sconosciuto sono difficoltosi in ogni campo. Tutto dipende dall’abilità e dalle competenze che un architetto neo-laureato sa dimostrare e, il più delle volte, una grande azienda paga di più rispetto a un piccolo studio di provincia, ma comunque, in media, lo stipendio oscilla tra gli 800 e i mille euro netti al mese.

Pochi? Può darsi. Ma un fatto è certo. Se hai proprio una passione sfrenata per l’architettura, nulla e nessuno deve fermarti perché i settori nei quali potrai farti valere sono tanti, e perché una volta terminata l’università una delle opzioni di scelta potrà essere anche l’insegnamento. Infine, per quanto riguarda i soldi, ricordati quello che diceva Niki Lauda, campione di Formula 1: «Se sei proprio bravo, tutti ti vogliono pagare».

Come si diventa architetti? Bisogna conseguire una laurea in Architettura. L’ateneo più vicino e famoso è il Politecnico di Milano. Per entrare all’Università è necessario superare un test di ammissione. Poi, una volta laureato, per avere diritto di firma e poter presentare i progetti, l’architetto deve superare l’esame di Stato e iscriversi a un Ordine provinciale; se avrà conseguito la laurea magistrale di 5 anni avrà il titolo di “dottore in architettura Senior”. Se, invece, la sua laurea sarà breve, cioè di 3 anni, avrà il titolo di “dottore in architettura Junior”. E le opportunità in busta paga possono variare fra questi due titoli di studio.

Per saperne di più, abbiamo intervistato Giuseppe Cabini, vice presidente dell’Ordine degli architetti cremonesi.

Come va la professione, in genere?

«Non è che un architetto abbia la coda di gente dietro la porta. Per fortuna c’è stato il superbonus».

C’è ancora un architetto “generico”?

«No. Bisogna specializzarsi, ma se la specializzazione è la condizione necessaria, non è però sufficiente. La progettazione, la cantierizzazione, la direzione lavori e la costruzione di un qualsiasi edificio è diventata negli ultimi decenni sempre più complessa e necessità di ampi team super specializzati. Cioè, non esiste più l’architetto che da solo progetta, ma sempre di più servono studi o raggruppamenti di professionisti che siano specializzati nelle molteplici discipline che si riassumono per brevità nel “buon progetto”».

Quali sono le specializzazioni? E quali sono quelle che danno più possibilità a un giovane di affermarsi? «Tra tutte le specializzazioni, in questi ultimi anni ha preso sempre più forza quella che i media chiamano “tutela del clima e/o del pianeta”. Da qui le specializzazioni più importanti, quelle di cui si avrà sempre più bisogno, sono legate all’efficienza energetica e alla sostenibilità.

Gli oggetti di design puntano sempre di più al minor utilizzo di risorse non rinnovabili, così come le costruzioni, ma anche la pianificazione delle città e l’urbanistica dovrebbero sempre di più specializzarsi sulla complessità, sulla commistione di funzioni e soprattutto sull’uso di risorse rinnovabili come sono il verde e le piante anche per la creazione di spazi di contorno degli edifici sempre più vivibili e con microclimi sempre più vicini alle condizioni di comfort.

Chi progetta, e quindi l’architetto, dovrebbe sempre di più occuparsi ed avere come unico scopo la salute ed il comfort del suo cliente. Uno spazio bello anzitutto restituisce voglia di vivere e salute ma anche una casa sostenibile e super efficiente che non inquina e non ha emissioni dannose».

Lei in quale settore è specializzato? Ed è vero che le specializzazioni costano in termini di tempo e denaro?
«Personalmente non ho mai smesso di formarmi e sono sempre alla ricerca di super-specializzazioni. Appena laureato, ho partecipato a corsi specifici a Firenze, Venezia e Milano, poi sono stato in Alto Adige all’Agenzia “CasaClima” di Bolzano dove sono stato Consulente, Auditore CasaClima, “Esperto in gestione dell’energia (EGE)”, tecnico Blowerdoor, cioè “Tecnico per test di tenuta all’aria”, Esperto in termocamera di II livello, Esperto nella posa dei serramenti e, infine, Esperto di sostenibilità italiana. Lo spreco di energia può essere ridotto al minimo migliorando gli edifici esistenti e cercando soluzioni intelligenti e materiali efficienti sotto il profilo energetico quando si costruiscono nuove abitazioni o si ristrutturano quelle vecchie. Gli edifici ad alta efficienza energetica si traducono in bollette energetiche meno care e nella minor domanda di energia.

Certo, le specializzazioni costano in termini di soldi e di tempo sia per ottenerle che per tenerle aggiornate».

Parliamo di soldi: quali sono le specializzazione nelle quali si guadagna di più? Le faccio un esempio: da un giro d’orizzonte fra gli esperti del suo settore, sembra che l’architetto dell’acustica sia molto ricercato e ben pagato.

«Quando si parla di comfort, l’acustica è uno dei primi punti dolenti a cui dedicare molta attenzione. Se parte un contenzioso in edilizia il più delle volte parte per un problema legato all’acustica. Sarebbe molto utile avere un architetto specializzato che abbia competenze trasversali tra acustica ed energetica».

Quanto può guadagnare un architetto?

«Rispetto alle parcelle, al tema dell’equo compenso ed al tema delle tariffe professionali, non è possibile rispondere in poche righe. Quello che dico con certezza di non essere smentito è che il problema principale delle parcelle basse non è l’abolizione della tariffa minima, ma da sempre il modo di operare di alcuni architetti. Non possiamo lamentarci del fatto che facciamo o concordiamo parcelle troppo basse, quando siamo noi a farle. Tutt’al più potremmo lamentarci del fatto che non prendiamo incarichi perché qualcuno si propone sul mercato con richieste troppo basse ed i nostri preventivi risultano troppo alti.

Il tema è proprio quello di determinare il cosiddetto “equo compenso” che deve tenere conto di tutto quanto abbiamo detto finora relativamente alla specializzazione, all’aggiornamento e aggiungo un altro tema sempre più dolente, “la semplificazione”, che evidentemente hanno chiamato così, perché chiamarla complicazione, come di fatto è, non era bello».

È ancora possibile oggi lavorare da soli oppure è necessario che anche gli architetti lavorino in team, ognuno con la propria specializzazione? O comunque con collaboratori con i quali scambiarsi opinioni? Uno studio, insomma, deve occuparsi un po’ di tutto e, quindi, è fondamentale il gioco di squadra? E’ d’accordo?

«Il lavoro dell’architetto non può essere un lavoro “autonomo”. La progettazione prevede una serie di architetti specializzati che si riuniscono in un team e con riunioni che sono assolutamente necessarie per la risoluzione di problemi che non sono mai semplici e codificati. Non è necessario che uno studio si occupi di tutto; è necessario, invece, che più professionisti si associno anche con forme di raggruppamento temporaneo con rapporti di supporto e consulenza».

Dica la verità: lei oggi consiglierebbe a un giovane la facoltà di Architettura?
«Come tutti i lavori anche quello dell’architetto ha momenti piacevoli e altri no, ha momenti che ti ripagano dell’impegno e altri che ti lasciano a volte molto deluso. Consiglio la facoltà di Architettura a tutti i giovani che hanno una forte passione per l’architettura, l’arte e il design. Se non avete passione fate pure la facoltà di architettura, ma una volta laureati non fate l’architetto. Con la laurea di dottore in architettura si possono fare anche altre cose oltre l’architetto».

Quale consiglio darebbe a un giovane architetto: cominciare la professione a Cremona o a Crema, oppure è meglio entrare in un importante studio di architettura di Milano, per esempio, specializzato in qualche settore importante della professione? «Partire da soli è veramente molto difficile. Occorre acquisire esperienza e quindi consiglio sicuramente almeno un periodo in uno studio per acquisire quel “sapere come fare” che uno studio avviato ha acquisito nel tempo».

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