Chi è Renato Ancorotti, imprenditore e nuovo senatore

«Ho iniziato in un garage»

Presidente di Ancorotti Cosmetics, re mondiale del mascara «Non ho bisogno dei 12mila euro al mese da parlamentare»

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Senatore Ancorotti, con la sua elezione a senatore, è passato dall’altra parte della barricata insieme a politici e banchieri, le due categorie meno apprezzate dagli italiani.

«Ci sono tanti politici perbene e preparati. E io cercherò di far bene anche questo mestiere»

Fra le critiche che già le rivolgono, ce n’è una particolarmente velenosa. Eccola: “Con tutti i soldi che Ancorotti avrà di suo, si metterà in tasca altri 12mila euro lordi al mese”.

«Avrò un compenso che spetta a tutti i senatori, anche a quelli dell’opposizione, non un euro in più. E se non sono povero, non sarò corruttibile. Non ho chiesto io di presentarmi alle elezioni per il Senato; ho ricevuto questo onore da Giorgia Meloni e da Daniela Santanchè che ringrazio. Ho portato due aziende al successo, ho rimesso a nuovo l’ex Olivetti riducendo la Co2 del 60%, ho aperto un asilo aziendale, ho assunto gente in difficoltà che mi hanno proposto la Caritas e alcune aziende in situazioni intricate. Se fai il politico per soddisfare un tuo bisogno economico, avrai sempre l’ansia di essere eletto e rieletto. Io no. Un mestiere ce l’ho. E mi piace».

Collaborerà con Carlo Cottarelli?

«Certo. E’ un personaggio di alto standing, anche se lui, cremonese, è stato eletto a Milano perché i cremonesi l’hanno bocciato. Collaborerò di certo con Silvana Comaroli perché nel nostro territorio i problemi sono tanti a partire dalle infrastrutture. Possiamo riuscire a risolverli se ci sarà un filo diretto

fra noi parlamentari del territorio a Roma e i consiglieri che siedono nel Palazzo regionale a Milano». Parla di congiunzione astrale Ancorotti, 66 anni: fra settembre e ottobre è stato eletto senatore (nel momento che Fratelli d’Italia ha fatto boom e gli avversari politici hanno fatto harakiri) ed è diventato nonno.

Come farà a coniugare l’impegno di senatore e di imprenditore?
«La mia azienda oltre ad avere me come presidente e mia figlia come vice presidente, è dotata anche di un amministratore delegato e di tutti i dirigenti necessari a un’impresa nella quale lavorano 300 persone, ha un fatturato di 95 milioni, vicino al record del 2019 e vuole crescere ancora. Mia figlia è totalmente coinvolta nell’azienda. Posso, quindi, impegnarmi a fare anche il senatore».

Diplomato al liceo Scientifico e laureato presso il dipartimento di Scienza del farmaco del Piemonte Orientale, ha fondato la sua prima azienda, la Gamma Croma, nel 1984, a 28 anni. «Abbiamo cominciato in tre in un garage a Vaiano» racconta. «Il sottoscritto come presidente della società e due dipendenti, la dottoressa Manuela Arisi (ancora mia consulente) e Paolo Carniti, già pensionato. Non avevamo neppure i soldi per comprare il muletto: per scaricare i pesanti recipienti di materie prime, li facevamo precipitare dal camion sui pneumatici stesi per terra. Poi siamo passati dal garage a un piccolo capannone di 120 metri quadri».

Ma il successo fu abbastanza rapido. Dovuto a tre fattori. Il primo: la capacità di Ancorotti di imporsi come uomo di marketing a livello internazionale e di diventare un punto di riferimento per i più famosi brand planetari del settore. Due anni dopo aver fondato la società, infatti, questo imprenditore già vendeva i suoi mascara, rossetti e polveri cosmetiche in Francia, Germania e Russia. «Sono stati anni avventurosi in cui si lavorava con il fax» racconta, «ma furono anche periodi utili per conoscere clienti, fornitori, mercati, legislazioni, dogane, e la mentalità dei Paesi nei quali commerciare i prodotti».

La seconda ragione dell’affermazione di Gamma Croma (e poi della Ancorotti Cosmetics) è stata la caparbietà e perseveranza del suo fondatore nell’investire in tecnologia, ricerca e sviluppo, e innovazione. E veniamo alla terza chiave di lettura che ci permette di scoprire il segreto del successo di Ancorotti nel mondo della cosmesi: è stato il primo tra altri industriali del settore che ha saputo cogliere l’importanza del mascara, il cosmetico più amato dalle donne

e uno dei prodotti di punta delle griffe mondiali del make-up. Ma è anche un composto altamente difficile da realizzare tecnicamente. Serve la formula giusta. E Ancorotti è riuscito a metterla a punto. Una formula segreta quanto quella della Coca-Cola. Oggi una confezione di mascara su quattro esce dalla sede cremasca dell’azienda.

Dopo 24 anni, nel 2008 venduta la Gamma Croma (che aveva raggiunto ormai un fatturato di 50 milioni di euro, contava 350 dipendenti e si era sviluppata su un’area di 20.000 metri quadrati), nel 2009, mentre il mondo stava sprofondando in una lunga crisi economica internazionale, ha fondato, coraggiosamente, con la figlia Enrica, la Ancorotti Cosmetics, una start up nata in un capannone dell’area ex Olivetti. Un’altra sfida da far tremare i polsi. Un’altra sfida vinta: oltre alla produzione del mascara, oggi l’azienda ha allargato il suo business anche alle polveri cosmetiche, un segmento in forte espansione e che è diventato un ulteriore cavallo di battaglia della società. E se 13 anni fa i clienti della Ancorotti Cosmetics erano solo 12, oggi sono aumentati a 300 circa, dei quali l’85% sono esteri.

Lei senatore ha fondato il Polo della cosmesi nel 2004. In questi 18 anni, molti si sono attribuiti il merito di aver avuto loro l’idea. Può svelarne, una volta per tutte, la paternità?

«L’idea mi è stata suggerita da Sergio Cuti, allora direttore di OpinioneBusiness e, poi, di Mondo Business, che ne aveva scritto sul mensile. Per me fu un’autentica ispirazione. Ne ho discusso poi con Cuti e infine, insieme ad altri, ho fatto nascere il Polo delle cosmesi. Grazie al quale molte Pmi locali hanno potuto partecipare prima con un padiglione che riuniva tutti sotto un unico ombrello, poi ognuno con il proprio stand, al Cosmoprof di Bologna, la Fiera più importante al mondo del make-up, e da qui hanno potuto conquistare clienti esteri. Vorrei ripetere l’operazione con le Pmi di altri settori, sempre del territorio, per favorire la loro l’internazionalizzazione, pronte a giocare la carta del “made in Italy”, il terzo marchio più noto al mondo, dopo Coca-Cola e Visa».

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