Originale e geniale. È la prima volta, almeno a memoria di cronista economico, che un’azienda si preoccupi di creare al suo interno uno spazio per dialogare anche fisicamente con stakeholders dalla precisa connotazione quali startup, studenti Itis e universitari, imprenditori, ricercatori, assidui frequentatori di incubatori, portatori sani di nuove competenze.
Basta spingere la porta esterna che si apre sul cortile dello stabilimento – ingresso che è situato proprio di fronte all’accesso interno dell’azienda – e si entra in un open innovation, cioè un locale ampio dalle grandi vetrate, nel quale sono state posizionate attrezzature quali banchi alti per il brainstorming, lo scambio peer-to-peer di idee e concetti su temi tecnici da sviluppare, i tavoli da lavoro per universitari e professionisti e, infine, apparecchiature quali le lavagne digitali, il Cobot, cioè il collaborative robot, la stampante 3D e il digital twin per disegnare, provare, verificare e sperimentare.
Le due porte, messe una di fronte all’altra, indicano fisicamente la volontà dell’azienda di far incontrare i propri tecnici con persone esterne capaci di trasmettere nuove conoscenze e nuove visioni. Da questi incontri e contaminazioni – è la speranza della società – potrebbero prendere forma i contenuti per prodotti inediti o rivisitati da lanciare concretamente sul mercato per nuove opportunità di business.
Tutto questo succede alla VHIT, ex Bosch, di Offanengo, leader nel settore nella componentistica per l’automotive, attenta all’innovazione e al progresso digitale. La direzione da seguire l’ha indicata l’amministratore delegato Corrado La Forgia: «Abbiamo bisogno di tutti coloro che possono fornirci un contributo per capire dove poter andare perché, nel mondo complesso di oggi, fare da soli non basta più». Da questa considerazione è germogliata la necessità di mettere mano a una stanza ampia e luminosa di coworking e di co-creation space. «Uno spazio di confine dove sarà possibile scambiarsi idee e promuovere un dialogo virtuoso su un futuro sostenibile dal punto di vista economico, tecnologico, della transizione digitale e ambientale. Noi siamo transitati dalla meccanica alla meccatronica. Vogliamo tanto ascoltare e imparare dagli altri, con umiltà, su temi tecnici, ma non solo su questi, per ampliare le nostre competenze» ha approfondito l’amministratore delegato di VHIT.
Frasi mai sentite – a memoria di cronista – da un amministratore delegato, il quale ha lanciato un messaggio di collaborazione al territorio perché vuole cogliere tutte le opportunità per aprire nuove prospettive di mercato. E’ un esperimento. Tutti sperano che vada a buon fine. Per avere, a cascata, più occupazione e benessere.