«Prima ti accorgi che c’è il problema e, poi, ti affanni a trovare nuove soluzioni. E’ così che nascono molte idee imprenditoriali». Quella di Domenico Crescenzo, 32 anni, sposato, neo papà di Celeste, una figlia di pochi mesi, si chiama Screevo di cui è founder e ceo. Una startup innovativa fondata nel 2021 e commercialmente attiva dall’anno scorso. Screevo è un assistente virtuale 4.0 che ha riscritto le regole dell’inserimento di dati nei software delle aziende manifatturiere non più battendo sui tasti di un computer, ma parlandone a voce. Non bastava un semplice registratore per raggiungere lo stesso risultato? Assolutamente no. Hanno scelto Screevo multinazionali come Leonardo Aerospace, Snam, Johnson& Johnson e Marangoni (che produce macchine per pneumatici) e la soluzione trovata da questa startup è stata definita “molto innovativa per le Pmi” dal «Sole 24 Ore». Non solo: l’azienda ha vinto nel 2021 la competizione «Boost your ideas» lanciata da regione Lazio e l’edizione 2022 del “Digital Factory” che vede tra i promotori “I3P”, incubatore di imprese del Politecnico di Torino. E ancora: Screevo, che ha il quartier generale a Latina e una seconda sede a Los Angeles, è nell’“Advisory Board del Master of Science” dell’università di Groningen insieme ad Apple e Mozilla. E ha vinto il “Kaplan Pitch Tank 2022” di Chicago. Infine, il fondo statunitense Boost VC, importante player della Silicon Valley, ha investito nella startup 500mila dollari che si sommano ai 110mila euro di LVenture in fase di accelerazione. Insomma, Screevo è stata una soluzione a un problema complesso, il “Data entry”: come far risparmiare, cioè, ai dipendenti di un’azienda manifatturiera il 40% (secondo McKinsey) delle loro ore lavorative impiegate ogni giorno a inserire dati in moduli, fogli di calcolo e sistemi di software; tempo che potrebbero utilizzare, invece, per la produzione. «Il problema non era di poco conto. E dopo vari tentativi andati a vuoto, mi è venuta in aiuto l’Intelligenza Artificiale» confessa Domenico Crescenzo. Un personaggio non convenzionale: si è laureato in ingegneria energetica al Politecnico di Milano, poi ha frequentato a Stoccolma il Royal Institute of Technology dove si è specializzato nella branca legata alla combustione dei motori, infine manager di realtà innovative. Da qui la forte spinta verso l’imprenditorialità. Ma ritorniamo a Screevo. E riavvolgiamo il nastro nel momento in cui è nata l’idea di creare un assistente vocale virtuale per l’Industria 4.0: Crescenzo era in un’azienda a Torino quando ha visto i tecnici perdere il loro tempo a compilare un form cartaceo per ogni intervento di manutenzione …«Sì. E si lasciavano messaggi vocali su un gruppo di WhatsApp. A fine giornata uno di loro trascriveva tutte le indicazioni». E allora si è detto: perché non usare la voce per inserire i dati e, con le mani libere, continuare a lavorare e a generare valore? «E’ questo il concetto». Per capirne di più, iniziamo dalla teoria e poi da due esempi pratici. «Certo. Screevo crea pura automazione: è un algoritmo, cioè, che si occupa della scrittura dei dati al posto del dipendente. Tutto è basato sull’AI. Il lavoratore dialoga attraverso la sua voce con i software aziendali attraverso Rest Api, un protocollo di comunicazione standard. Il sistema trasforma il suono in linguaggio e trascrive quanto è stato detto in un testo: speech to text».
Poi? «Una volta trascritto il testo, Screevo capisce quanto gli è stato detto perché ha una comprensione della lingua naturale. Questo processo si chiama NLP (Natural Language Processing). L’AI, in pratica, fornisce a Screevo la capacità di comprendere nel loro pieno significato le parole scritte nel testo allo stesso modo in cui lo capiscono gli umani». Infine? «L’ultima operazione è il text to speech, cioè trasformare il testo in un contenuto audio che ogni operatore può sentire quando ne ha bisogno mettendosi un paio di cuffie. Screevo, insomma, è in grado di dialogare con il dipendente». Facciamo una simulazione: un manutentore deve ispezionare un’antenna alta 20 metri. «Attiva Screevo che gli chiede dove si trova, se ha indossato tutte le protezioni richieste dall’azienda, e di quale antenna si tratta. Domande e risposte vengono subito registrate e annotate dal sistema». Poi si passa all’ispezione. «Esatto. Se l’operaio nota, per esempio, della ruggine alla base dell’impianto, la segnala a voce. Screevo gli comunica, allora, Operatore impegnato in un’operazione di manutenzione Tecnico addetto alla produzione in una Pmi manifatturiera di scattare una foto. Tutto in tempo reale. Lui esegue e risponde: “fatto”. Anche questo dialogo e l’immagine vengono immagazzinati nel sistema aziendale. Ammettiamo che il danno venga riparato nei giorni successivi: in questo caso chi esegue il lavoro registra, sempre a voce, qual è stata la soluzione al problema della ruggine e quali pezzi sono stati sostituiti. Un terzo manutentore che dovesse ispezionare la stessa antenna qualche tempo dopo, sempre con una semplice cuffietta e interrogando Screevo verrà a sapere la causa del problema riscontrato, com’è stato risolto e la scelta dei pezzi utilizzati. Senza mai scrivere nulla». I vantaggi in termini pratici? «Almeno tre. Primo: nessuna perdita di tempo ad annotare tutti questi dati in fogli digitali o cartacei. : se, un domani, i tre manutentori che si sono occupati dell’antenna dovessero andare in pensione, il loro sapere non va perso perché quei controlli e il relativo ripristino dell’antenna vanno a incrementare il patrimonio aziendale di conoscenza. Terzo: se l’antenna dovesse in futuro cadere o procurare danni, l’azienda può dimostrare senza ombra di dubbio che la manutenzione è stata eseguita». Lo stesso vale per un magazzino? «Esatto. Normalmente, il magazziniere rileva il pallet, va a pesarlo, poi scende dal muletto e si dirige nell’ufficio dove vengono inseriti i dati per il ricevimento della merce, quindi risale sul muletto e posiziona il pallet sullo scaffale. In una giornata, queste continue salite e discese e le attese per ricevere l’etichetta da incollare sulla plastica del pallet costano all’azienda 2 ore di tempo perso». Invece con Screevo, che cosa succede? «Il magazziniere non scende mai dal muletto perché dà e riceve istruzioni con la voce mentre continua a lavorare seduto sul carrello elevatore e, se dovesse, per esempio, mancare l’etichetta che identifica il pallet, lo riferisce a Screevo che immediatamente gliela stampa. Può fare tutte queste operazioni tenendo sempre le mani sul volante perché l’assistente vocale è in continuo contatto con lui e le strutture hardware e software dell’azienda pre-esistenti alla installazione di Screevo». E’ possibile personalizzare l’Intelligenza artificiale rendendola ancora più vicina alle esigenze produttive dell’azienda? «Senza dubbio. Abbiamo reso il più semplice possibile l’utilizzo di Screevo mettendo a disposizione dell’azienda un conversation designer che, come un chabot, governa le domande e le risposte. E’ poi c’è l’AI che gestisce il tutto in maniera autonoma. Screevo, nel tempo sarà in grado, per esempio, di riconoscere chi gli parla, la sua inflessione dialettale e i termini utilizzati nelle attività aziendali perché ogni azienda ha un proprio linguaggio e degli asset specifici». In quanti lavorate in Screevo? «In 10, soprattutto sviluppatori di software ed esperti in AI». Quanti clienti? «Sono 12 al momento. Dal punto di vista commerciale siamo nati un anno fa e, trattando con società medio- grandi, serve almeno un anno prima di chiudere la pratica con la firma del ceo. Ma stanno arrivando buone risposte». Quali sono oggi le operazioni più richieste a Screevo dalle aziende? «Sono tre: manutenzioni, ispezioni di qualità, magazzino». La sua vita professionale è stata una continua evoluzione? «E’ vero. Da bambino mi sognavo archeologo; poi, quando sono entrato nella scuola militare aeronautica, volevo fare il biologo marino. Invece sono passato dall’essere ingegnere energetico a Milano a occuparmi di motori a Stoccolma, poi sono diventato manager di alcuni prodotti software e ho avuto le prime responsabilità imprenditoriali nella startup Keethings. Qui ho capito che da grande avrei fatto l’imprenditore». Il momento più bello alla guida di Screevo? «Quando Adam Draper, ceo di Boost VC della Silicon Valley, il cui nonno già faceva il venture capitalist, mi ha telefonato dicendomi che mi avrebbe finanziato con 500mila dollari. Chiusa la comunicazione, mi sono messo a correre. Il mio socio di allora, Nicola Tango, Cto e programmatore, mi è venuto dietro: io sapevo perché correvo, lui no. E quando mi si è affiancato e gliel’ho spiegato, abbiamo cominciato a correre più forte. Una botta di adrenalina».