Che cosa vuol dire avere stile e da dove partire? I colori parlano.
Mi capita spesso di imbattermi nell’idea che avere stile significhi mettere in pratica una serie di diktat della moda, seguendo le tendenze imperanti.
Nulla di più fuorviante.
Abbiamo già dimostrato come l’avere stile significhi osare esprimere sé stessi senza remore, attraverso ciò che ci corrisponde. Rimanendo certo al passo con i tempi (e chi dice il contrario! Non voglio stimolare nessuno ad essere anacronistico!!), ma sempre rispettando e dando voce alla nostra essenza, evitando di snaturarci.
Questo dev’essere un must, il punto zero.
Dopodiché si procede passo passo, dandosi il tempo di riconoscere e assimilare come siamo veramente.
Partiamo dai colori!
Sai quali sono i tuoi colori personali?
Anzi, facciamo un passo indietro: te lo sei mai domandato?
Le tue caratteristiche di colore personale determinano quali sono le sfumature di colore per te più valorizzanti. Non funzioniamo allo stesso modo con tutti i colori. Alcuni ci illuminano naturalmente, ci fanno apparire più armonici, ci valorizzano.
Lo sapevi?
Di tutto questo si occupa l’Armocromia, uno degli strumenti utilizzati anche nell’ambito della
comunicazione visiva per rendere più incisiva l’immagine.
Facciamo qualche esempio concreto.
L’armocromia è stata utilizzata con grandi risultati in ambito cinematografico per costruire e
dare credibilità ai personaggi e al messaggio che si voleva di volta in volta veicolare.
Hai presente il film “Pretty Woman”? La protagonista Vivien è magistralmente interpretata dall’attrice Julia Roberts, la cui interpretazione però è stata supportata dall’utilizzo consapevole dei colori.
Mi spiego meglio.
Julia ha colori personali caldi, scuri e tenui. Per l’armocromia è una Autunno caldo (vale a dire che le caratteristiche dei suoi colori sono dominate dalla componente calda/ warm).
In base a queste indicazioni l’armocromia individua una palette di colori di riferimento per la persona.
Julia sarà particolarmente valorizzata dai colori più caldi della sua palette (facciamo alcuni esempi:
rosso mattone, terra bruciata,bronzo, tabacco, rame, eccetera).
All’inizio del film però, quando Julia/Vivien veste i panni della prostituta, porta tutt’altre sfumature di colore. I colori sono tutti freddi, a partire dal platino della parrucca che indossa.
Quindi sono colori che la penalizzano, inadatti a valorizzare le sue naturali caratteristiche.
Perché questa scelta?
Perché il film racconta (oltre a una bella storia d’amore) la parabola di trasformazione di una donna che all’inizio si trova incastrata in una situazione in cui non riesce ad esprimere il suo potenziale, ma poco alla volta prende consapevolezza di sé, ricontatta i suoi desideri di bambina, ricorda i suoi talenti e ricomincia a lasciar riaffiorare le sue aspirazioni, tanto da ritornare a credere in sé stessa.
L’utilizzo di alcuni colori (penalizzanti) prima e di altri (valorizzanti) man mano che avviene la
trasformazione sottolinea tutto questo e contribuisce a rendere visivamente esplicito il cambiamento.
Noi spettatori non ce ne rendiamo conto, ma siamo accompagnati con vari mezzi (tra cui anche appunto
l’uso specifico del colore) a percepire la trasformazione.
Vediamo come.
All’inizio Vivien porta colori il più lontani possibile dalla sua palette (colori freddi mentre lei ha colori caldi), che rendono immediatamente visibile come non si trovi nella condizione migliore cui potrebbe aspirare.
Vale la pena ricordare come i colori “nemici” abbiano un effetto depotenziante; fanno, cioè, apparire
meno luminosi, sembra quasi che ci tolgano energia e ci “spengano”.
Poco alla volta la situazione cambia. Per il primo appuntamento la protagonista lascia libera e fluente la
sua chioma rossa (calda), ma l’abito, pur valorizzando la forma del suo corpo, è ancora nero (altro colore freddo).
Nelle occasioni successive Vivien si appropria del tutto della sua palette colori contemporaneamente alla
presa di consapevolezza di sé e man mano che matura dentro di lei il pensiero che non vuole più abbandonare le sue aspirazioni.
Iconico è diventato l’abito marrone a pois panna che indossa durante la partita di polo e indimenticabile l’abito da sera rosso per la serata all’Opera.
Anche alla fine del film, quando la ‘trasformazione’ è ormai avvenuta e Vivien incontra la sua amica/ex socia Kit, indossa un completo color corallo, altra sfumatura
perfetta per lei.
Insomma, i colori hanno un forte potere comunicativo. Per questo, saperli utilizzare in modo consapevole, anche a seconda delle situazioni, è un’arma molto potente di cui è utile appropriarsi per produrre l’effetto
desiderato sul nostro interlocutore e cominciare ad orientare la sua risposta nei nostri confronti, secondo
i nostri obiettivi.
Tra i vari livelli della comunicazione (verbale, para-verbale e non verbale) possiamo collocare l’utilizzo consapevole del colore nel campo di quella non verbale. Chiunque abbia a che vedere con un pubblico o comunque con degli interlocutori sa quanto sia importante saper sfruttare correttamente tutti i piani comunicativi per aumentare l’effetto persuasivo delle proprie argomentazioni.
Alla luce di queste considerazioni appare evidente come, tra i vari elementi di cui si compone la comunicazione, l’utilizzo ad hoc dei colori occupi un ruolo di primo piano.
Imparare a sfruttarli a proprio vantaggio diventa quindi un aspetto cruciale e decisamente non
trascurabile.
Per ricollegarci poi al discorso di partenza, i colori sono UNO degli aspetti di cui si compone lo stile, uno dei tasselli del puzzle. È chiaro che conoscere bene in che modo “incastrare” tutti i pezzi di questo puzzle per definire un insieme (leggi un’immagine) convincente, centrato, appropriato a 360 gradi acquisisce un valore davvero determinante sul piano comunicativo.
Occorre conoscersi un pezzo per volta per poi rendere evidente l’armonia dell’insieme.
A quel punto saremo del tutto riconoscibili nella nostra unicità e quindi insostituibili.