Conversation. Paolo Pavesi, co-founder di Fees

Gli scontrini? Un affare

Start-up di Matteo Mazzolari e Paolo Pavesi
Fine di scontrini, fatture e note spese cartacei
L’app li digitalizza, gestisce e conserva.

Ecco le altre funzionalità: marketing e produzione

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Quando l’hanno creata, i due giovani startupper cremonesi non avevano alcuna certezza e potevano fare affidamento solo su loro stessi. Oggi possono contare su una valida squadra di collaboratori, su una rete di rivenditori e su tutti i clienti che hanno scelto Fees per innovare i loro sistemi di digitalizzazione e gestione delle spese.

«Il cammino è ancora lungo, ma abbiamo le idee, abbiamo il team e un bellissimo progetto da far crescere» hanno scritto su Linkedin.

Come e perché è nata questa startup?

L’idea di Fees (che in inglese significa spese) è stata pensata dalla necessità di risolvere un problema concreto: i due giovani, Paolo Pavesi e Matteo Mazzolari, infatti, andati ognuno a vivere per conto proprio, si erano trovati in difficoltà a gestire la mole di scontrini, ricevute e documenti fiscali che non finivano di propagarsi nelle tasche, nel portafogli e nei cassetti. Alcuni, poi, erano stati smarriti e poi ritrovati, altri si erano usurati, altri ancora erano proprio andati persi.

Come rimediare?

Abbiamo intervistato Paolo Pavesi: «Abbiamo voluto crearci un’app apposita, facile e veloce da utilizzare per tenere traccia delle nostre spese».

Così è stata progettata Fees, un’applicazione che, grazie a un algoritmo OCR sviluppato in machine learning, permette a privati, liberi professionisti, partite Iva e aziende strutturate di digitalizzare e gestire in modo semplice e organizzato tutte le spese in modo tale che siano sempre disponibili per qualsiasi uso, anche in caso di prova d’acquisto e della loro detraibilità.

Quindi, l’esigenza pratica di due amici che si erano conosciuti al Rotary di Cremona si è trasformata in un’idea di business.

Qual è il primo passo da fare per chi sceglie Fees?

Fotografare ogni documento di spesa (in seguito è stato consentito anche scannerizzarlo) e inviarlo all’app; poi ci pensa l’algoritmo a digitalizzarlo mettendo ordine nel marasma cartaceo.

Inventare una piattaforma non è stato semplice. C’è voluto, infatti, del tempo ai nostri due protagonisti per chiarirsi le idee e progettare l’app. Andati a vivere da soli fuori casa, si trovavano tutte le sere nell’abitazione dell’uno o dell’altro, o camminavano per chilometri lungo il Po, a discutere su come eliminare il caos delle scartoffie.

Hanno fondato Fees il 15 febbraio del 2019

Conosciamo più da vicino questi due imprenditori. Paolo Pavesi, 34 anni, è figlio di agricoltori con la voglia di diventare imprenditore agricolo o, comunque, di fare impresa. Ha frequentato la facoltà di Ingegneria Meccanica al Politecnico di Milano, sede di Piacenza, iscrivendosi all’ultimo posto disponibile. Durante gli anni di università, studiava e lavorava nei campi.

«Mio padre mi spronava a non rimanere nell’azienda di famiglia e di lavorare “sotto gli altri” sia per provare nuove esperienze sia per capire sulla propria pelle che cosa significasse fare il dipendente». Dopo la laurea, ha trovato subito lavoro in un’azienda di automotive diventandone direttore generale.

Matteo Mazzolari, 30 anni, era uno studente del terzo anno del corso di laurea in Economia aziendale, indirizzo in Export management, facoltà di Economia e Giurisprudenza alla Cattolica di Cremona quando l’ufficio internazionale dell’ateneo gli ha proposto l’esperienza Work & Travel USA.
Non ci ha pensato due volte a far le valigie e, grazie a una borsa di studio dell’Università, ha lavorato per una scaleup di San Francisco scrivendo la sua tesi di laurea sul #softwareasaservice, cioè sul modello di business del Software come Servizio.

Quali sono i loro ruoli in Fees?
Paolo Pavesi è concentrato per lo più sulla parte amministrativa, analitica, sviluppo del prodotto e web marketing. Matteo Mazzolari è più focalizzato su product management e business development. Possono contare su un team di 8 persone dislocate tra Cremona, Dublino, Bari, Milano e Reggio Emilia. «Di persona, ci vediamo due volte l’anno» dice Pavesi. Hanno scelto di rimanere resident di Cobox di Cremona, ma hanno il loro Centro di sviluppo tecnologico a Torino, dove hanno un altro ufficio in I3P, ovvero nell’incubatore del Politecnico di Torino, dove sono stati selezionati e ammessi nel 2022.

Ma vediamo il loro percorso tappa per tappa, perché è istruttivo per tutti, ma soprattutto per liceali e universitari che vogliono entrare nel mondo delle startup innovative.
«Siamo nati “in bootstrapping”, cioè autofinanziandoci e lavorando a oltranza dopo l’orario lavorativo, anche la notte e nei weekend» racconta Paolo Pavesi.

Gli imprevisti e la nascita di Fees
Ma cominciano subito i primi imprevisti: «Matteo ed io non siamo sviluppatori che sanno creare una piattaforma. Sono loro che fanno il 90% del lavoro, ma è difficile tenerseli». I primi due a cui si sono affidati, infatti, si sono persi per strada.
«Ci siamo appoggiati, allora, a una software house bresciana che ci ha preparato il primo prototipo per luglio 2019». Possono contare così su qualcosa di concreto: la loro prima app pensata e realizzata per privati (B2C, Business to Consumer).

Sollecitati dalle domande e dalla curiosità degli universitari del corso di Imprenditorialità della Cattolica di Cremona, hanno descritto le mosse iniziali della loro storia imprenditoriale. Sono partiti dall’analisi benchmark delle altre aziende presenti sul mercato e dall’individuazione dei segmenti di clientela (customer discovery). Poi, c’è stata la costruzione del prototipo per la validazione del prodotto e il “business model” (customer validation). Infine, sono passati allo sviluppo del MVP (Minimum Viable Product), ovvero della versione iniziale dell’applicazione che sarebbe poi diventata Fees (customer creation) e alla realizzazione della rete di vendita (customer development).

Il punto di forza della go-to-market strategy di Fees
«Fin dall’inizio abbiamo scelto il modello cosiddetto product-led growth: il prodotto è il primo mezzo di acquisizione, espansione e fidelizzazione. In altre parole, la nostra app è il mezzo primario della crescita».

Ma andiamo avanti. A dicembre del 2019, dopo 11 mesi dalla nascita della loro startup, i due giovani imprenditori vengono contattati da Carolina Cortellini (cofondatrice di Microdata Group e presidente del consorzio Crit ndr). «Ci dice che la sua azienda vorrebbe investire in Fees: dopo una breve contrattazione ci accordiamo per una equity del 10% ed una valutazione dell’azienda di 1 mln». Accettano. Tre giorni dopo c’è la firma dell’accordo nello studio di un notaio a Milano, ma tre giorni dopo quella firma scoppia il Covid. La gente resta chiusa in casa: poca spesa, pochi scontrini.

Fees si evolve: da B2C a B2B
Passano gennaio e febbraio del 2020: Paolo Pavesi è impegnato a lavorare la terra e a preparare Fees Pro, «il nostro servizio dedicato alle aziende per supportarle nella gestione delle note spese». L’obiettivo è quello di ottimizzare il processo di digitalizzazione e archiviazione degli incartamenti sia per i dipendenti in trasferta sia per l’amministrazione che si occupa di convalide e rimborsi. Un salto di qualità: dal B2C, con Fees Pro la startup si occupa anche del B2B (business to business). «Facciamo provare e collaudare il nuovo servizio gratis ad alcune aziende per tutto il 2020». Le imprese ne sono entusiaste. Da questa importante novità scaturisce un nuovo round con Microdata: altro 5% dell’azienda per una valutazione di 2 mln. Quindi, un gruzzolo di 200mila euro.

Anche nel 2021, Fees non fattura niente e si concentra sulla crescita della base utenti. Nel 2022, fra imprenditori e manager scoppia la voglia dell’Intelligenza Artificiale: molti di loro chiedono di poter digitalizzare non solo le spese, ma tutto il digitalizzabile possibile. Paolo Pavesi e Matteo Mazzolari ce l’hanno in casa da tempo la rivoluzionaria AI: è proprio il loro algoritmo. Così realizzano un nuovo servizio che si chiama Fees Can (è il servizio API, “Application Programming Interface” che permette l’utilizzo dello scanner) e che si rivolge anche alla clientela corporate: ora i documenti di spesa cartacei possono essere anche scannerizzati.

L’algoritmo di Fees e la sua evoluzione
L’algoritmo di Fees, automaticamente e in pochi secondi, estrae i dati, li interpreta, li categorizza, li mette in ordine e restituisce il tutto al mittente in formato digitale. «Non solo: il nostro algoritmo, mentre lavora per i nostri clienti, continua a migliorarsi costantemente».

Il futuro di Fees: visione e crescita
Che cosa è cambiato nella vita dei due imprenditori? «Niente», risponde Paolo Pavesi. «La mia giornata tipo, al momento, è rimasta uguale: mi alzo alle 6 del mattino, alle 6:30 sono già in stalla dove ci rimango fino alle 9-9:30, poi faccio colazione e vado in ufficio. Anche il pomeriggio è diviso tra il lavoro di co-founder di Fees e di imprenditore agricolo». Sul trattore a guida autonoma, Pavesi ha installato un supporto per il computer sul quale riceve, smista e risponde alle numerose call. «Mi sono scelto tutto io, cioè due lavori che non c’entrano niente fra loro, ma la mia passione è sempre rimasta quella di fare l’imprenditore in tutte le attività che metto in piedi».

Il suo socio Mazzolari ha un ufficio a Dublino, che è diventata la “capitale” europea delle startup innovative: qui (per questioni fiscali e normative) hanno la loro sede europea giganti della Silicon Valley quali Google, Facebook, Apple, Intel, LinkedIn e Dell. E se un Paese fa gola a colossi di questo calibro, è logico pensare che anche le startup vi possano trovare con maggiore probabilità i giusti finanziatori.

Ritornando al fatturato dei primi sei mesi del 2023: 300mila euro. Tanti? Pochi? Sufficienti? «Io ho fiducia perché Fees si basa sul MRR, cioè Monthly Recurring Revenue». È una misura standardizzata del ricavo ricorrente che un’azienda prevede di ottenere mensilmente. «Partiamo quindi da 300mila euro e su questa cifra sicura costruiamo i progetti per raddoppiarla e triplicarla. E così via, anno dopo anno».

I clienti hanno cominciano, nel frattempo, a chiedere a Fees nuove features, cioè funzionalità: dopo la contabilità e l’amministrazione, ora vogliono implementazioni innovative che riguardano anche il marketing e la produzione.

«Non è una novità per noi: nello sviluppo di Fees e Fees Pro ci siamo sempre lasciati guidare dalle esigenze dei nostri clienti».

Come, invece, Fees sta aiutando le aziende dal punto di vista della produzione?
«Racconto due case-history per farmi capire. La prima: una società di riscossione crediti teneva impegnate 5 persone a leggere e trascrivere, per esempio, tutti gli F24 del debitore e analizzare le visure catastali del comune nel quale risiedeva. Con il nostro algoritmo, abbiamo velocizzato le pratiche a tal punto che dei cinque dipendenti impegnati nella lettura dei vari incartamenti, solo due sono rimasti impiegati in questo compito, mentre gli altri tre sono stati assegnati a mansioni più impegnative».

Secondo esempio?
«Presto fatto. Nonostante l’avanzata del digitale nei back office degli istituti di credito, le banche utilizzano ancora molta carta sulla quale i dipendenti leggono e controllano le cifre. I dati delle credit cards, per esempio, sono riscritti ancora tutti a mano. Fees con il suo algoritmo ha risolto la (quasi) totalità di queste incombenze, permettendo la ricollocazione di molti dipendenti a mansioni più utili alle banche stesse».

Nelle aziende, a chi presentate i servizi di Fees?
«Solitamente ci rivolgiamo al responsabile dell’IT perché è importante per le aziende sapere che i nostri processi si integrano con i loro».

Di che cosa ha bisogno ora Fees?
«Di un investitore finanziario disposto a mettere sul tavolo dai 300 ai 500mila euro, o meglio ancora di un imprenditore che oltre a finanziare quelle cifre accetti di utilizzare i servizi di Fees per i suoi asset produttivi».

E finché non trovate questo finanziatore?
«Analizzo quanti mesi ho di sopravvivenza e mi impegno a trovare nuovi clienti. Se, per esempio, so che posso cavarmela per un altro anno, a me interessa solo che dopo quei 12 mesi ho ancora un’azienda sana e ho pagato gli stipendi al mio team; il resto viene tutto reinvestito in azienda».

Partnership con altre aziende le avete previste?
«L’obiettivo è fare partnership con un player. Ai player interessano solo startup che fatturano almeno 2 milioni. Abbiamo un paio d’anni per arrivarci».

Obiettivo dei prossimi cinque anni?
«Diventare un player globale nella digitalizzazione innovando e semplificando sempre di più i processi di Fees per persone e aziende».

Che cosa è cambiato in questi ultimi anni nel vostro rapporto con i clienti?
«Rispetto all’uso di email e call, stanno ricominciando a contare di più le relazioni, il rapporto di fiducia, il contatto umano. Il cliente o il futuro cliente mi chiama più spesso al telefono invece di inviarmi una mail. Oppure mi vuole incontrare in azienda invece di parlarmi in call. Mi vuole vedere in faccia, capire chi sono. Ho fatto più clienti dopo una serata al Ponchielli o sorseggiando un aperitivo al bar che stare ore e ore in video-chiamata».

Un esempio che riguarda il marketing è il servizio richiesto da Parmalat per la sua promozione “10 per tutti”: il consumatore si registra, seleziona la marca del prodotto di latte acquistato, scansiona o fotografa lo scontrino della spesa per ottenere i 10 crediti del valore di 10 euro. Tutti questi scontrini vengono inviati a Fees.

«Il vantaggio per Parmalat non è solo quello di avere una contabilità digitale in ordine, ma di conoscere quanto latte vende, quale marca è stata scelta fra le otto in promozione, dove è stata acquistata (supermercato o piccolo negozio), come è stata pagata (contanti o bancomat): quindi, l’azienda ha un’esatta profilazione del cliente, e conosce anche la sua fidelizzazione nei confronti del prodotto acquistato. Potenzialmente ogni tipo di prodotto può essere trattato allo stesso modo».

Chi ha avuto questa idea?
«So di meccanica e di agricoltura e, quindi, ho una mentalità elastica che mi permette di intersecare i bisogni, capire cioè che quello che è utile per un settore lo può essere anche per un altro. Gestire le garanzie di ogni prodotto può essere un altro filone da approfondire dall’algoritmo di Fees. A medio termine, inoltre, potremmo anche proporre metodi di pagamento interni all’app. Le idee non ci mancano».

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