La prima esperienza lavorativa di mia figlia: un nuovo punto di vista
Recentemente mia figlia, diciotto anni appena compiuti, ha cercato un lavoro post scuola per guadagnarsi qualcosina in vista delle prossime vacanze estive. Una volta conseguito l’attestato HACCP è stata presa come cameriera in un bar della città nella quale vivo.
Al di là della paga vergognosa che le è stata data – parliamo di 3,5 euro l’ora – cosa sulla quale magari un giorno troverete un mio articolo qui, la cosa interessante per lei è stata osservare il mondo “dall’altra parte”, ovvero non come cliente ma come cameriera.
L’osservazione del comportamento dei clienti
La prima cosa che ha raccontato in famiglia dopo il primo pomeriggio di lavoro è stata che nessun cliente, mentre è seduto, guarda in faccia il cameriere. Ero già a conoscenza di questa cosa per aver parlato più volte con il personale di sala, pertanto la cosa non mi ha stupito per nulla, però questo fatto che ha raccontato mi ha fatto riflettere in senso molto ampio.
Un’esperienza personale
Oltre vent’anni fa ho fatto un’esperienza abbastanza fugace in un’azienda di consulenza. Sono stato assunto come responsabile della comunicazione interna all’interno delle risorse umane, ma visto che alle HR eravamo in pochi, mi occupavo anche di fare i colloqui, in particolare il primo, quello conoscitivo.
Non avendo mai fatto questa cosa in vita mia, invece che copiare ciò che facevano i miei colleghi, ho deciso di partire da zero e inventarmi completamente un mio metodo: cosa avrei dovuto chiedere alla persona che mi sarei trovato davanti per verificare se fosse il candidato adatto a noi? Quali domande avrei dovuto fare per capire se, oltre al cursus studiorum, questa persona fosse brillante, in grado di essere costruttivo ed efficace nello stressante lavoro quotidiano tipico di una società di consulenza internazionale?
Innovazione nei colloqui di lavoro
Non ci dobbiamo scordare che nell’anno 2000 internet esisteva già e, pertanto, qualsiasi candidato avrebbe potuto leggere facilmente le tipiche domande che si chiedono a un colloquio di lavoro, arrivando completamente preparato all’incontro. Così mi divertivo a inventare delle domande avulse dal classico contesto del colloquio, dei piccoli test in apparenza completamente fuori luogo che servivano non tanto a trovare la risposta corretta (che spesso non esisteva nemmeno) ma innanzitutto per vedere dal vivo, davanti a me, come il candidato avrebbe usato il proprio cervello per trovare una soluzione con le informazioni a disposizione e poi se e come mi avrebbe fatto ulteriori domande.
Devo dire che questa tecnica ha funzionato parecchio e le persone che ho presentato ai manager e ai partner come candidati interessanti sono poi state assunte e hanno effettuato una brillante carriera, in consulenza e fuori, cosa della quale mi sento particolarmente felice per loro.
Dettagli importanti nei colloqui
Sì, ma cosa c’entra, penserete voi, l’esperienza di mia figlia con il colloquio di assunzione in un’azienda? Molto, credetemi. “Il diavolo si nasconde nei dettagli” afferma un proverbio inglese, ed è proprio nei dettagli che dovete rivolgere la vostra attenzione se volete capire meglio di che “pasta” sia fatta una persona.
Se fissate un appuntamento con un candidato è perché sulla carta – sul curriculum per la precisione – avete trovato delle qualità oggettive che ritenete interessanti per l’azienda per la quale lavorate e pensate che assumere questa persona possa essere vantaggioso. Però il curriculum indica cosa ha fatto finora, ci dice numeri, date, lavori, ci fa intuire le abilità, la capacità di lavorare sotto pressione o meno, il respiro dei progetti dei quali si è occupato o ne è stato responsabile, ma poco ci dice sul tipo di persona che è, sul suo spessore umano, su come si rapporta con gli altri, con i colleghi, con i clienti e, più in generale, con le persone.
Il valore dei dettagli
C’è uno zerbino all’ingresso? L’ha utilizzato prima di entrare? Ha salutato guardando le persone entrando e uscendo? Possono sembrare sottigliezze, per carità, ma certamente aiutano a comprendere meglio il quadro completo di una persona.
Vi faccio un esempio personale al quale sono molto legato. Una trentina di anni fa ho conosciuto una ragazza (con la quale in questi giorni festeggiamo 25 anni di matrimonio). Ricordo molto bene che, quando uscivamo da un locale o da un ristorante, spesso le aprivo la portiera lato passeggero dell’auto come gesto di cortesia e galanteria. Una volta le auto non avevano la chiusura centralizzata (perlomeno non quella che avevo io, una A112), quindi si poteva aprire una portiera per volta.
Ebbene, sempre quella ragazza, entrando per prima nell’auto, mentre facevo il giro della macchina, tutte le volte allungava il braccio verso il lato guida per aprirmi a sua volta la portiera, alzando il “pirulino” di sblocco. Sembra una cosa da poco, un dettaglio, ma è proprio qui, come vi dicevo, che si nascondono le cose più importanti, basta solo prestarci sufficiente attenzione.
Tecniche di colloquio innovative
Tornando in ambito aziendale, un’altra situazione anomala nella quale poter in qualche modo spiazzare il candidato è ad un evento, un’inaugurazione, una partita o in genere in un posto pubblico frequentato. Volete sperimentare una situazione estrema? Provate a spegnere la luce e fare un colloquio totalmente al buio. Probabilmente verrete presi per matti, ma è un modo per confondere la comunicazione e far sì che ci si concentri esclusivamente sulla comunicazione verbale e non su tutto il resto. Anche in questo caso si tratta di scardinare il conformismo di una situazione tipo e di portarla in un nuovo terreno di gioco, così da vedere i comportamenti e prestarci attenzione.
“Ça va sans dire” che questo tipo di approccio non dovrebbe essere indirizzato verso qualsiasi candidato, richiederebbe troppi sforzi se fatto verso i neolaureati, numericamente molto superiori rispetto ad altre figure con esperienza. Al contrario su livelli medio-alti avrebbe molto senso e i benefici sarebbero assolutamente tangibili.
L’importanza delle relazioni umane
Queste persone hanno rapporti professionali (e di conseguenza anche personali) in triplice direzione, verso l’alto con la dirigenza, la proprietà o comunque con il top management; orizzontalmente con i colleghi di altre divisioni e funzioni; verso il basso con le persone delle quali sono responsabili e grazie alle quali si raggiungono i risultati professionali.
In questo senso assumere una persona che abbia sia le qualità professionali adatte allo scopo e in più le qualità umane e relazionali di eccellente livello consente sopra ogni dubbio di avere un enorme e tangibile vantaggio nel suo inserimento in azienda, in quanto sarà maggiormente capace di gestire in tutte le direzioni i rapporti professionali e interpersonali quotidianamente. Personalmente parlando, io credo che questo tipo di persona, molto attenta nella gestione dei rapporti umani, sia una chiave fondamentale nella gestione del personale, dei dipendenti, al di là delle retribuzioni e dei benefit che questi ricevono. Far sì che i dipendenti siano felici nel posto di lavoro, siano soddisfatti di quello che fanno è un fattore chiave per ogni impresa.
La motivazione dei dipendenti
La motivazione, l’essere importanti per l’azienda è un valore immateriale che è nettamente superiore alla retribuzione, alla formazione o ad altre politiche nei confronti del personale, pur altrettanto importanti. Avere un middle management o la dirigenza che presti attenzione alla soddisfazione e ai bisogni dei propri colleghi è un vantaggio competitivo enorme e molto dipende dall’attenzione delle risorse umane nel processo di assunzione di queste persone dal maggiore spessore umano.