Muovendo i piedi, si muove il cervello. E’ una degli esercizi che
mette in pratica Deborah Ghisolfi (ad oggi l’unica trainer italiana
autorizzata dal consorzio internazionale- ICAgile – a erogare corsi
certificati di Agile applicato al marketing e alla vendita) quando
la chiamano nelle aziende per fare consulenza e formazione o
quando l’imprenditore e i manager si sono resi conto che c’è
un’organizzazione delle attività aziendali inefficiente che comincia
ad avere un impatto negativo sui clienti.
«E’ un po’ come con le scarpe strette: si cambiano perché fanno
male». E allora bisogna cambiare scarpe, non solo metaforicamente,
per operare i cambiamenti indispensabili a far ripartire l’ impresa.
«L’inerzia negativa e la rinuncia al cambiamento sono le
uniche condizioni che un’azienda non può permettersi».
E’ una professionista e un’imprenditrice tosta Deborah Ghisolfi,
titolare di «Be Relevant Srl» («Sii autorevole», la traduzione),
società Benefit dal 1° gennaio 2023, con la sede nel Crit (acronimo
di Cremona Information Technology) all’interno del Distretto
per l’innovazione. Ha alle spalle un’esperienza più che decennale
di consulenza e formazione Agile per le aziende, un team di 10
persone capaci e un centinaio di clienti sparsi nel Veneto, a Milano
e a Bologna, ognuno con le sue specifiche necessità.
La sua determinazione, unita alla passione, ingredienti preziosi in ogni percorso di affermazione professionale e imprenditoriale, è stata disegnata e definita in parte dal suo carattere e in parte da un episodio doloroso (che racconteremo tra qualche riga) e che ha fatto
da spartiacque nelle priorità dei valori della sua vita.
Laureata
nel 1999 in Scienze dell’Informazione alla Statale di Milano (oggi Informatica), 50 anni, 7 figli in affido, Deborah Ghisolfi già a 14 anni si considerava “nerd”. Aveva sviluppato una notevole
inclinazione per le nuove tecnologie tanto che si impossessava
dell’ATARI del fratello per realizzare programmi.
Dirottata a diplomarsi in Ragioneria («Mio padre non capiva, infatti,
perché volessi studiare matematica»), non voleva fare la segretaria
a vita. Proprio per questo si è iscritta e laureata in Informatica.
E’ diventata così programmatore software, ma nei team in cui lavorava «non erano felici di lavorare come me perché avevo idee troppo fantasiose nella creazione di siti web».
Ma lei è comunque andata avanti, avendo già deciso qual era il percorso della sua carriera: diventare project manager di aziende importanti. Ambienti competitivi, impegni che non conoscono orari (“ritmi di lavoro sfacciatamente inumani” ricorda), l’asticella della sfide spostata sempre più in alto.
«Finché un giorno arrivo con l’auto alla rotonda dell’ospedale di Cremona in direzione Sospiro quando, improvvisamente, non mi sento bene: braccio e gamba destra si erano irrigiditi come se si fossero addormentati. Mi precipito subito in ospedale convinta di avere avuto un grave malore. Mi sottopongono a tutti gli esami possibili, ma di neurologico non scoprono niente. La diagnosi: stress; reazione fisica a uno stress importante che si è fatto sentire per un lunghissimo
periodo».
A questo punto, la vita di Deborah cambia. Che cosa fosse il metodo Agile per lavorare meglio glielo aveva già spiegato Andrea Provaglio (coach, consulente, trainer, amico e mentore), «ma non ero pronta».
Cambia lavoro. Manager di grande esperienza in ambito IT, viene assunta in MailUp (oggi Growens, punto di riferimento del mercato martech italiano), e comincia a occuparsi di organizzazione aziendale.
«Capisco che è il momento di riprendere il percorso che Andrea mi
aveva indicato: cambiare il modo di pensare e gestire le aziende costruendo relazioni e facendo business in modo vantaggioso per tutti i soggetti coinvolti». Gli anni passati in MailUp le forniscono l’esperienza necessaria per camminare da sola.
Ora è pronta a insegnare agli altri che su una strada piena di semafori l’abilità è quella di saperli prendere tutti verdi. O, almeno, di provarci. E’ partita così a lavorare da sola («sognavo di fondare una mia realtà»), seduta alla scrivania di casa sua. Creando, poi, importanti partnership con enti formativi, legandosi a Confcommercio (di cui è diventata presidente del gruppo “Innovazione”), formando negli anni il proprio team con il quale crescere senza mai smettere di ampliare ed affinare
le competenze del gruppo.
Non solo formazione e consulenza, quindi, ma «siamo anche coach certificati ICF e le nostre sessioni di Executive Coaching sono fondamentali per i manager che vogliono aumentare
le prestazioni e superare le sfide nella gestione del tempo, delle relazioni e degli obiettivi di business».
Che cosa gli insegnate, per esempio…? «Che in un’azienda ci sono persone introverse che, per timidezza, non alzano mai la mano per intervenire, e che sono quelle che spesso hanno le migliori idee». Sono quelle che, per intenderci, in un presepe vivente, pur non di non parlare, farebbero volentieri la parte del bue e dell’asinello. «Insegniamo ai manager come possono accorgersene e come li possono incentivare ad esprimersi facendo emergere le loro idee che possono rivelarsi
preziose per l’azienda»
Ma in che cosa consiste il “metodo Agile”, detto in parole semplici? «E’ il metodo che mette insieme le persone di un’azienda chiarendo loro in modo visivo gli obiettivi, dando loro la possibilità di raggiungerli per piccoli passi in modo che quello che lanciano sul mercato sia davvero
quello che serve ai clienti».
Per esempio? «Operiamo mettendo
insieme il team marketing con il team vendite perché i commerciali
che conoscono bene i clienti devono avere ben chiare le logiche
di sviluppo di un servizio o di un prodotto per contribuire, e quindi
è bene che partecipino alle strategie aziendali».
Se muovere i piedi muove anche il cervello, quali altri esercizi utilizzate?
«Per l’apprendimento, il metodo Agile usa i cinque sensi e per questo ci serviamo di lavagne colorate, post-it, pennarelli, palline e mattoncini lego. Infatti, piuttosto che osservare delle slide in bianco e nero, come fossero foto un po’ seppiate dall’usura e dal tempo, il cervello lavora meglio se vede i colori, ognuno dei quali ha una sua funzione. Anche gli ambienti devono essere luminosi. Per quanto riguarda l’udito, è indispensabile a fine discussione fare il recap a voce in modo che tutti possano ascoltare e ricordare. E ancora: le
carte da gioco…».
A che cosa servono? «Ne utilizziamo una per ogni dubbio o perplessità.
Vengono posate sul tavolo, e si discute del perché sono sorti quei dubbi facendoci le domande sostanziali che possono influire sul cambiare o sviluppare nuove idee di business. E’ un metodo che aiuta i manager a porsi i necessari interrogativi prima di prendere decisioni che, poi influiranno su clienti, mercati, competitività, rischi reputazionali».
Che cosa è cambiato nel suo lavoro?
«C’è stato il passaggio dalla “macchina al centro” alla “persona
al centro”. Dal correre ognuno per conto suo come fossimo un fuoco
di sterpaglia all’avanzare tutti insieme per piccoli step, ma ricchi
di importanti innovazioni. Penso al puzzle: per quanto possa essere pieno di tasselli, si comincia sempre dal primo tassello, poi dal secondo,
dal terzo e via dicendo».
Ci può raccontare uno o due casi che ha affrontato per rendere
ancora più comprensibile il metodo Agile? «Certo. Un giorno
mi chiama al telefono il marketing manager di un’azienda che
fa produzione ed è leader nel suo settore, ma ai vertici c’è forte preoccupazione perché i competitor avanzano al galoppo e c’è il rischio,
fra pochi anni, che non siano più il numero uno. Come rimediare?
Comprendiamo qual è il problema e la soluzione: il team di marketing
e commerciale iniziano a lavorare insieme perché vogliono capire come viene costruito il prodotto direttamente da chi lo produce,
per poterlo vendere meglio.
E allora abbiamo messo intorno al tavolo a parlarsi, discutere e capirsi
marketing-commerciale-responsabili della produzione. Il lavoro si
è svolto in vari step ed è stato un anno fantastico e motivante su cui
oggi questa azienda fonda le sue azioni strategiche».
Come è andata a finire? «Oggi riescono a vendere il prodotto ancora
prima di metterlo in produzione. Grazie alla stampante 3D lo presentano, già sbozzato, al cliente, dialogano con lui e alla fine lo realizzano come il cliente chiede».
L’altro esempio? «E quello di un’assicurazione online. Avevano realizzato un’app prendendo spunto qua e là dei vari prodotti presenti sul mercato, ma non funzionava. Li abbiamo convinti a realizzare una loro app discutendo di che cosa avevano bisogno i loro clienti. Dopo 8/9 mesi è stata costruita un’app innovativa che oggi accompagna chi sottoscrive la polizza lungo tutto il ciclo di vita».
Prossimo step?
«Convincere i responsabili delle Risorse umane a seguire il metodo
Agile. È bene che comprendano che per attirare dipendenti e
talenti non bastano più benefit o cellulari gratis. Dal novembre 2019
quando è scoppiato il Covid le persone hanno altri bisogni: chiedono
un bilanciamento delle ore di vita- lavoro e corsi formativi davvero
utili alla loro carriera professionale e personale in grado di renderli
competitivi sul mercato del lavoro.
E per quanto riguarda i giovani, i ragazzi non hanno bisogno di gente
che li giudica, ma di mentori che credono in loro e che sappiano valorizzarli.
Se riusciremo a realizzare questo progetto, sarà davvero la rivoluzione
nelle aziende»