La finanza Esg è un tema che mette in discussione tutte le componenti del sistema finanziario e il mondo delle imprese in generale. E in questo contesto, le banche – indipendentemente dalle loro dimensioni – sono prese in una gigantesca tenaglia perché da una parte hanno l’obbligo imposto dai regolatori (Eba – European Banking Authority – e Banca d’Italia) di finanziare solo soggetti e progetti in base alle loro caratteristiche di sostenibilità e dall’altra di assistere le imprese – soprattutto quelle di minori dimensioni e «che potrebbero affrontare la transizione con maggiori difficoltà» – con servizi di consulenza, perché sappiano adeguare, investendoci, il proprio modello di business ai criteri ESG che andranno a migliorare la dimensione ambientale (E), quella sociale (S) e del governo societario (G). Ma dovranno agire, secondo Bankitalia, «con determinazione», «chiarezza di obiettivi», ma nello stesso tempo «con gradualità e pragmatismo».Obiettivi sicuramente non facili soprattutto a causa delle difficoltà di raccogliere informazioni affidabili da parte delle Pmi e dell’esigenza di metodologie affidabili per districarsi nella foresta dei rating Esg da affibbiare alle aziende. Basti pensare che ancora a fine 2021 c’erano 40 metodi di valutazione, 150 classifiche e 450 indici.
Ma non illudiamoci: l’impatto di questa transizione globale sarà forte e decisivo. Essenzialmente perché il costo per le aziende, per gli Stati, ma anche per gli istituti di credito di non essere aderenti ai principi Esg diventerà via via sempre più elevato. Non è azzardato immaginare, infatti, che a breve le imprese prive di un rating Esg o con valori molto bassi verranno tagliate fuori dalla mappa dei finanziamenti e degli investimenti. E non è escluso che questa possa avvenire anche per gli Stati.
Mentre per le banche è stata molto chiara Bankitalia. «Gli intermediari che più velocemente integreranno correttamente i fattori Esg nei loro processi di investimento, nelle decisioni creditizie e nel dialogo con i clienti potranno maturare un vantaggio competitivo; al contrario, quelli che accumuleranno ritardi, oltre ad essere penalizzati nel loro posizionamento di mercato, potrebbero incontrare difficoltà a governare l’evoluzione della qualità del proprio portafoglio, trovandosi infine maggiormente esposti ai rischi del mancato adeguamento ai fattori della sostenibilità».
Di questi e altri temi – legati alla vita delle imprese – abbiamo parlato con Andrea Lusenti, direttore generale di Cassa Padana.
Un fatto è certo: siete una banca che ha sempre cercato di capire i problemi degli imprenditori e trovare le soluzioni più opportune per superarli. Mentre i tassi crescono, l’inflazione morde e il caro-energia è arrivato a livelli eccessivi, ecco un’altra grande sfida: gestire il rischio Esg.
«E’ proprio così. Per valutare il merito creditizio delle imprese, i regolatori italiani ed europei hanno chiesto alle banche, grandi e piccole, di prendere in esame non solo i tradizionali criteri economico-finanziari, ma di verificare anche se il modello di business delle aziende, la loro organizzazione, il loro modo di produrre e i loro progetti siano sostenibili oppure no. Cassa Padana, quindi, sta lavorando a livello di assessment del rischio non solo per quanto riguarda il rischio di credito e di quello operativo, ma anche nella valutazione dei rischi Esg tramite il rating e i questionari Esg».
Un bel problema per le Pmi che sono, in maggioranza, aziende bancocentriche.
«Che la trasformazione del business in chiave sostenibile non sia più rimandabile per le grandi come per le piccole aziende ormai è chiaro. E per questo stiamo informando da tempo gli imprenditori soci e clienti della banca che sarebbe opportuno affrontare la transizione globale mettendo in campo tutte le opportune strategie, e il nostro istituto, anche per questo, è a loro completa disposizione. Mentre per quanto riguarda l’eccessiva dipendenza del credito bancario da parte delle Pmi, pur essendo la nostra una banca a vocazione territoriale, stiamo da tempo stimolando le imprese a indirizzarsi anche verso operazioni di finanza straordinaria o strutturata come l’emissione di bond, la quotazione in Borsa, il private equity. Da molti anni supportiamo gli imprenditori, stando al loro fianco, aiutati anche da ottimi consulenti esterni come Sergio Simonini, un manager bancario che conosce a fondo sia le imprese che i temi legati alla finanza alternativa».
Il tradizionale indebitamento bancario va, insomma, rivisto e la minor dipendenza delle imprese dal sistema creditizio tradizionale sarebbe un vantaggio anche per le banche stesse.
«Certamente. L’attività bancaria, infatti, sta diventando onerosa per gli istituti vista l’obbligatorietà di consistenti accantonamenti e assorbimenti patrimoniali in ragione della quantità e della qualità del credito erogato. Molte banche, quindi, si stanno orientando su modelli di business alternativi tipo bancassurance, dove il valore consulenziale è alto, non esiste assunzione del rischio di credito tipico dell’attività di finanziamento e si può fare affidamento su ricavi commissionali dei prodotti assicurativi».
Dal vostro osservatorio, come stanno reagendo le imprese alle notizie sui rischi (o le opportunità) Esg?
«Stiamo incoraggiando gli imprenditori a muoversi per tempo perché anche molte Pmi stanno già o potrebbero essere presto vincolate ai rischi Esg da processi di filiera dal momento che l’intera catena si deve muovere in modo uniforme per ottenere il “bollino” della sostenibilità. E il sistema bancario, nel suo complesso, potrebbe iniziare a finanziare le aziende solo dopo verifiche sulla loro sostenibilità. Insomma, stiamo cercando di convincere gli imprenditori che integrare gli aspetti economici e di governance, sociali e ambientali all’interno del processo produttivo produce un miglioramento del merito creditizio».
Bisogna essere sostenibili non a breve, ma a lungo termine. Giusto?
«Esatto. Per questo stiamo parlando anche con le famiglie che ci vengono a chiedere un mutuo della durata di molti anni per comprare casa. Poiché entro il 1° gennaio 2030, e anche dopo questa data, bisogna avere immobili residenziali sempre più green, quando ci viene chiesta l’apertura di un mutuo vogliamo definire a quale classe energica appartiene l’appartamento o l’edificio che si vuole comprare o costruire. Anche il nostro cliente è consapevole che un immobile carente dal punto di vista dell’efficienza energetica continuerà a perdere fortemente di valore da qui al 2050, quando scatterà l’obbligo del “zero emissioni”. E se, quindi, per vari motivi, non dovesse essere più in grado di onorare le scadenze del suo mutuo, la banca si ritroverà a possedere una garanzia con un valore minimo da poter acquisire».
Per concludere: attraverso prestiti e finanziamenti, gli intermediari sono in un’ottima posizione per facilitare la transizione di aziende e famiglie verso un’economia sostenibile.
«E’ tutto vero, ma affinché la collaborazione diventi proficua per l’imprenditore e per l’istituto di credito, sarebbe opportuno che le banche possano ricevere dalle imprese le informazioni relative alla loro posizione in merito agli Esg. In modo tale che l’imprenditore possa, anche con il supporto della banca stessa, pianificare una strategia strutturata per arrivare alla piena sostenibilità della sua azienda».