Oliviero Sabato, direttore generale di Credito Padano

La strategia vincente: continuare a fare banca e non finanza. Le sfide

Un calcio ai pregiudizi: Cremona è vitale
Crowdfunding: le scommesse dei territori
Aziende poco digitali. IA: Pmi sospettose
Gruppo giovani soci: educazione finanziaria

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Eppur si muove. Dal suo ufficio di direttore generale al primo piano di via Dante 213, a Cremona, sede centrale del Credito Padano, locale che occupa dal 1° marzo 2022, Oliviero Sabato – 63 anni, milanese d’origine, una vita passata nel mondo del credito, prima nel gruppo Mediobanca e poi in quello delle Bcc – non è d’accordo con lo stereotipo che dipinge i cremonesi come gente esageratamente guardinga, un po’ scettica, che non ama le novità e il farsi troppo notare secondo la filosofia di vita dello “stum schis”. Anzi. In questi 2 anni e 9 mesi ha notato, per quanto riguarda Cremona, «un forte fervore soprattutto per le università, il turismo, la nascita di startup e lo sviluppo di aziende innovative».

Capelli ondulati, barba brizzolata e curata, ben vestito, sorriso cordiale, voce garbata, la mentalità di chi ha ricoperto crescenti ruoli di responsabilità e, quindi, è abituato ad archiviare accuratamente i fatti e fare osservazioni altrettanto accuratamente meditate, Sabato è il capo azienda di una Bcc che (ultimo bilancio 2023) vanta 45mila clienti, 8.300 soci, 35 sportelli, 300 milioni di nuovi affidamenti, ed è presente, oltre che nel Cremonese, anche nel Mantovano (la sede distaccata è a Castel Goffredo e Mantova), nel basso Veronese e basso Bresciano. Su un concetto è perentorio: «Credito Padano è nato per fare banca, cioè raccoglie denaro per impiegarlo, e non per fare finanza, cioè per speculare». Concretamente? «Siamo una banca legata alle famiglie e alle piccole e medie imprese, agiamo da volano per l’economia dei territori in cui operiamo, creando un circolo virtuoso che ha inizio con la raccolta e la gestione del risparmio della clientela privata, si alimenta con il reinvestimento di queste risorse nell’economia locale attraverso l’erogazione di finanziamenti alle imprese e alle famiglie, e si chiude con il sostegno alla crescita e all’occupazione nelle nostre comunità».

Molte banche mostrano come fiore all’occhiello anche le loro attività di finanza straordinaria. Voi? «Non vogliamo fare i fenomeni a tutti i costi. Credito Padano ha come core business quello di fare banca tradizionale. Nell’ambito, invece, del corporate finance e dell’equity siamo operativi attraverso gli specialisti della nostra capogruppo: Bcc Banca Iccrea».

Come giudica la situazione economica nei territori in cui operate? «Sono stati sei mesi non brillanti. Il rallentamento dell’economia lo si è avvertito soprattutto in alcuni settori. Come quello della metalmeccanica, penalizzato dal mercato dell’automotive che ha avuto riflessi su tutta la filiera. Come quello agricolo che, a causa degli avversi fattori climatici, non ha avuto quello sviluppo che si sperava, mentre il settore agroalimentare sta tenendo bene. Siamo in un periodo di forte incertezza, insomma, rilevato anche dall’indice Pmi che registra le previsioni dei manager del settore manifatturiero sul secondo semestre dell’anno: l’indice è sotto la fatidica soglia del 50%; il che significa più stagnazione che crescita. Un altro indicatore del raffreddamento dell’economia è la rettifica dell’incremento del Pil 2024 sceso dall’1% ottimisticamente previsto dal Governo allo 0,7%».

Probabilmente, proprio a causa di questa incertezza economica, gli investitori sono sempre più cauti. Lei che ne pensa? «Infatti, l’aspetto che preoccupa di più è il calo degli investimenti. Questa flessione è dovuta, però, anche al ritardo con il quale è stata varata “Transizione 5.0” i cui provvedimenti dovevano dare quella forte spinta agli investimenti che non c’è stata. Mi spiego brevemente. La misura – che è partita solo il 7 agosto scorso ed è operativa fino al 31 dicembre 2025 – è un’agevolazione, sotto forma di credito d’imposta, proporzionale agli investimenti in progetti di innovazione finalizzati al risparmio energetico delle strutture o dei processi produttivi. Tutto gira intorno, insomma, a questo punto: lo “sconto” che viene concesso all’impresa che acquista un macchinario dipende dalla riduzione dei consumi energetici. La difficoltà è la tempistica: visto che il provvedimento è partito ad agosto invece che a gennaio, e quindi con 8 mesi di ritardo, la data della fine 2025 rischia di essere penalizzante: l’azienda che ordina oggi un impianto probabilmente gli arriverà oltre fine 2025. Anche l’iter procedurale è piuttosto macchinoso. Ed è per questo che le associazioni di categoria hanno già chiesto una proroga dei tempi».

Qual è la morale? «Se il provvedimento è interessante perché aiuta soprattutto le micro, piccole e medie imprese a stare al passo con i tempi della transizione energetica, e i soldi messi a disposizione sono davvero tanti – si parla di 6,3 miliardi di euro -, proprio a causa dei bastoni posti fra le ruote di “Transizione 5.0” dalla tempistica e dalla burocrazia, le domande di contributo richieste dalle imprese sono arrivate ad oggi solo a circa 100 milioni. Non solo: questo incagliarsi della misura varata tardi ha contribuito anche a rallentare gli impieghi da parte delle banche».

A proposito di impieghi, qual è la situazione a Credito Padano? «La nostra situazione è buona. Avrebbe potuto essere migliore. Ma se gli imprenditori hanno chiesto minori finanziamenti agli istituti di credito, l’hanno deciso non per l’onerosità del costo del denaro, ma a causa dell’incertezza economica e del minore ricorso a “Transizione 5.0”».

Per mettere un punto fermo le chiedo: la generale situazione di rallentamento dell’economia sta producendo grandi peggioramenti nei conti delle aziende disseminate nei territori dove siete presenti? «Direi di no. Nel cremonese non abbiamo sentore di un peggioramento significativo della situazione. Alcuni settori però soffrono più di altri. Mi spiego con un esempio. Il settore del tessile e i derivati del tessile, come la calzetteria, sono in affanno e, come è noto, Credito Padano ha la sua sede staccata proprio nel cuore del distretto delle calze, a Castel Goffredo, conosciuta come la capitale italiana delle calze e dei collant da donna. Il settore aveva già subìto negli anni addietro delle forti ripercussioni a causa della forte concorrenza asiatica e, quindi, aveva già accusato pesanti ristrutturazioni. Oggi risente sì della crisi generale, ma le aziende che operano nel comparto, che sono state risanate e hanno rimodificato il loro modello di business per rendere l’attività più redditizia, non accusano più i gravi problemi del passato».

Come va l’export nelle vostre province di riferimento? «Abbiamo un’economia votata all’export e i principali mercati di sbocco sono quelli europei. Il settore agroalimentare è stabile, mentre sono in calo le esportazioni di meccanica e macchinari in Germania, il nostro mercato di riferimento che non versa in condizioni floride».

Dal punto di vista del credito, qual è la situazione riguardo agli Npl? «Già da due anni il nostro credito non subisce deterioramenti significativi».

Il motivo? «La scelta della clientela che supportiamo nei piani di investimento e nei fabbisogni finanziari è stata oculata. E questa gestione attenta e responsabile delle risorse della banca ci fa guardare con tranquillità al futuro nonostante lo scenario non sia particolarmente favorevole. In altre parole, nella valutazione della nostra clientela c’è stata una politica selettiva dei rischi che, di volta in volta, la banca assumeva. Anche le ulteriori operazioni che stiamo perfezionando prediligono una peculiare attenzione alle potenzialità di rischio dell’operazione stessa. Per questo non siamo preoccupati del portafoglio che abbiamo realizzato».

In quali situazioni avete riscontrato un peggioramento dei conti delle aziende? «L’abbiamo avvertito in quelle manifatture e attività dove la parte del consumo di energia è stata rilevante e dove, all’interno delle filiere, ci sono stati problemi di ribaltamento dei costi sui prezzi. Ma in linea di massima, analizzando i conti a nostra disposizione delle aziende clienti, non ci sono deterioramenti in corso né avvisaglie di deterioramenti che possono dare adito a preoccupazioni».

In sostanza siete sempre vigili, ma non preoccupati. È così? «Infatti. Anche quest’anno avremo, quindi, una chiusura positiva dei nostri conti. Qualche problema in più l’abbiamo ravvisato sulle famiglie a causa del forte impatto inflattivo che si è riverberato sul costo finanziario dei mutui delle abitazioni».

Dal vostro osservatorio, come stanno reagendo le imprese alle notizie sui rischi (o le opportunità) Esg? «Il piccolo e medio imprenditore, che rappresenta il nostro target di riferimento, considera i rischi Esg ancora come un problema lontano, obbligatorio solo per aziende con oltre 500 dipendenti. O meglio: la sensibilità sul tema c’è, ma c’è anche tanta resistenza di fronte a questo cambiamento epocale perché è oneroso: le aziende, infatti, devono mettere nel conto sia l’impegno finanziario, sia il tempo da dedicare a questa pratica. Da parte nostra abbiamo intensificato la consulenza in tema di sostenibilità. E per questo stiamo incoraggiando gli imprenditori a muoversi per tempo perché anche le micro e piccole imprese possono essere vincolate agli obblighi Esg dai processi di filiera. Inoltre, le banche introdurranno in misura sempre più stringente i criteri ESG nella valutazione del merito creditizio.

Sul fronte delle famiglie, com’è la situazione? «Il dialogo in questo caso è più facile perché con loro si discute soprattutto di prime case e di immobili in genere».

Cioè? «Quando un privato cittadino o una famiglia viene a chiederci un finanziamento per comprare casa, spieghiamo loro che bisogna avere immobili residenziali sempre più green. Vogliamo, insomma, prima di concedere il mutuo, capire a quale classe energetica appartiene l’appartamento o l’edificio che il cliente vuole comprare perché sappiamo fin da subito che un immobile mediocre dal punto di vista dell’efficienza energetica, continuerà a perdere fortemente di valore. E se, per vari motivi, il cliente non sarà più in grado di onorare il suo mutuo, la banca si ritroverà a possedere una casa priva di valore».

L’innovazione non può trascurare la digitalizzazione dei processi aziendali. A questo proposito, a che punto è il livello di digitalizzazione nelle aziende vostre clienti? «Non tutte le imprese hanno raggiunto un’effettiva digitalizzazione dei processi e neppure un tangibile utilizzo dell’Intelligenza Artificiale. Per quanto riguarda l’IA, c’è grande curiosità tra i piccoli e medi imprenditori che si dicono orientati a utilizzarla in futuro, ma fra loro oggi regna molto scetticismo nonostante abbiano capito, anche attraverso i convegni organizzati dalle associazioni di categoria, che i vantaggi sono ingenti. Pensiamo solo, per chi opera nel manufacturing, alla “manutenzione preventiva” che consiste nell’esecuzione di attività di manutenzione programmate per evitare futuri guasti imprevisti, oppure alla “manutenzione predittiva” che riesce ad anticipare i guasti alle attrezzature e, quindi, di programmare la manutenzione con interventi immediati e nei tempi necessari. Con il risultato di poter utilizzare al meglio i macchinari e incrementare l’efficienza produttiva».

State investendo sui giovani? «Moltissimo, e in tanti modi. Innanzitutto, li stiamo reclutando: quest’anno sono 11 quelli assunti. Poi i giovani saranno i protagonisti del futuro sviluppo della nostra compagine sociale. Si è infatti costituito il Gruppo Giovani Soci che raggruppa quelli che hanno un’età dai 18 ai 35 anni e che stanno finendo o hanno terminato il loro ciclo di studi; alcuni di loro hanno già esperienze imprenditoriali alle spalle, altri lavorano in proprio oppure sono dipendenti, hanno tutti una buona e adeguata preparazione culturale e sono aperti mentalmente verso quelle che sono le dinamiche e le problematiche che vivono i nostri territori. Saranno loro che ci daranno contezza dei nuovi bisogni delle nostre comunità. E questo ci aiuterà ad essere sempre più banca dei territori che è, poi, la nostra mission. Infine, sarà anche una compagine sempre più attiva nella vita della nostra banca».

In concreto? «In questo momento li stiamo formando con seminari che riguardano l’educazione finanziaria e la gestione corretta dei risparmi per aiutarli a fare scelte consapevoli riguardo al denaro. Il nostro obiettivo, anche se non a breve scadenza, è quello di trovare e reclutare quei giovani che potranno ricoprire un posto nella governance di Credito Padano».

Che cosa può fare la banca per aiutare Cremona a darsi un’ulteriore mossa? «Il futuro del nostro Istituto di credito è quello di diventare sempre più partecipe allo sviluppo del territorio. Non possiamo esserne gli attori principali, ma certamente una parte dinamica».

Ci può fare qualche esempio? «Certo. Abbiamo partecipato con un ruolo di supporto importante – insieme alle istituzioni e ad alcuni imprenditori del territorio, alla nascita e all’evoluzione del Crit che ospita startup e imprese innovative. Altre iniziative simili, ma di tenore inferiore, le abbiamo seguite nel Mantovano. Un ulteriore esempio è il nostro essere concretamente e con un ruolo importante a fianco delle associazioni no profit e del terzo settore che lanciano iniziative che possono essere realizzate con il crowdfunding, strumento innovativo di raccolta fondi che incentiva la partecipazione collettiva».

Può spiegarsi meglio? Poniamo il caso di un’associazione no profit che vuole acquistare un nuovo mezzo di trasporto per i propri utenti: l’associazione presenta il progetto di raccolta a ConSolida, il nostro crowdfunding, e attraverso la piattaforma prepara una campagna di raccolta fondi efficace grazie all’aiuto di un consulente esperto. Tutti possono contribuire attraverso una donazione, piccola o grande che sia. La banca sostiene attivamente la raccolta fondi contribuendo a finanziare il progetto e raggiungere l’obiettivo.

Qual è il futuro di questo territorio: è ottimista o pessimista? «Fondamentalmente sono un ottimista, ma non a prescindere. Vedo che i territori del Cremonese e del Mantovano dove operiamo si stanno dando da fare per crescere. Noto un grande fervore a Cremona per lo sviluppo delle università e il turismo: riguardo a quest’ultimo voglio ricordare che l’ultima Fiera di “Cremona Musica” ha avuto un successo incredibile con una crescita dei visitatori del 30% rispetto alla rassegna del 2023. Lo stesso discorso vale per il Mantovano molto attento alle dinamiche attinenti sia all’economia tradizionale, sia al turismo».

L’abbiamo vista molto coinvolto e partecipe al tavolo dove si discuteva di startup, incubatori e coworking alle “Assise Generali dell’Economia del Territorio” di Cremona… «E sono stato molto colpito da quello che si sta generando in questo mondo che mi era sconosciuto. Partecipavano a quel tavolo rappresentanti del mondo universitario, della Camera di commercio, del Crit e noi di Credito Padano e si discuteva su come alimentare il settore delle startup; fra le varie proposte era stato avanzato il progetto di un incubatore con l’obiettivo di favorire la nascita di nuove idee innovative di business e di fornire un supporto agli startupper e alle aziende innovative. A quei tempi, si era nel mese di febbraio, il progetto di cui si discuteva era ancora in fase embrionale. Oggi, dopo circa 10 mesi, sta diventando una realtà con l’iniziativa Build Your Idea promossa dal Distretto per l’Innovazione Digitale di Cremona. Lì ho capito che le startup sono il nostro futuro ed esprimono talenti che bisogna aiutare a svilupparsi».

Per lei e il Credito Padano che cosa significa fare attività bancaria? «Fare banca secondo il modello BCC è certamente un compito più difficile, faticoso e rischioso che fare semplicemente attività finanziaria, ma è assai più stimolante e gratificante non solo per noi, ma anche per le imprese che vogliono investire per crescere e diventare più efficienti e per le famiglie che vogliono migliorare la loro qualità di vita».

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