Si è fatto riprendere e si è “postato” mentre cammina in un ambiente bucolico, oppure è assorto in meditazione o, ancora, mentre si esercita nel Tai Chi con movimenti aggraziati e fluidi. Howard Kuang, 40 anni, è titolare e fondatore di Chindo, azienda cinese con 70 dipendenti, nata nel 2018 e che produce pennelli cosmetici fatti a mano con tecniche artigianali, tra i migliori in Cina.
Come le imprese della cosmesi cremasche, anche Chindo ha iniziato come conto-terzista 10 anni fa con l’apertura, in Cina, prima di un ufficio a Tian Jin e poi di una fabbrica a He Bei. Infine, con le risorse ricavate lavorando per altri brand, l’azienda ha cominciato a produrre pennelli con marchi propri (Texamo e She Has, quest’ultimo dedicato alle teen-agers) e ha costruito la fabbrica a Chongping, nel sud-ovest della Cina, una metropoli che conta oltre 32 milioni di abitanti e fa parte di quei distretti industriali che hanno prodotto il “miracolo” economico del Paese. Definita la “Chicago cinese”, è posizionata tra due fiumi, Yangtze e Jialing, e da sempre è il porto fluviale tra l’Est e l’Ovest del paese.
Abbiamo incontrato a Crema, nella sede di MCI Brand Appeal, agenzia di comunicazione e marketing, il braccio destro di Howard Kuang e direttore marketing di Chindo, Simon Liu, 38 anni, accompagnato dalle sue assistenti, Celia Xiaoli e Yue Bowei. Erano in Italia per incontrare Paolo Martignoni, Chief Executive Officer di MCI, il loro punto di riferimento per il mercato italiano ed europeo. In Italia c’erano già stati nel 2018 per partecipare, a Crema, all’Innovation Day. Ed erano stati presenti, prima del Covid, al Cosmoprof nel 2019.
Anche quest’anno a Bologna hanno allestito uno stand collocato fra gli espositori internazionali e hanno presentato i loro prodotti al top di gamma, frutto degli studi realizzati dal team di Ricerca e Sviluppo che, all’interno dello stabilimento, lavorando in squadra e sviluppando idee vincenti, ha permesso la nascita e la crescita di Chindo. L’azienda, in questo specifico comparto, risulta fra le prime tre migliori imprese in Cina dove vende 1 milione e 400 mila pennelli l’anno per un fatturato di 10 milioni di euro.
Un set di pennelli make-up professionali di pregio, costituiti o da peli naturali accuratamente selezionati o da fibre sintetiche di qualità, brevettate da Chindo, morbidi e inseriti nei manici ancora a mano, studiati per ogni parte del viso e per ogni tipo di applicazione: pennelli da cipria, per il trucco, da fard, attrezzi kibuki e per foundation.
Articoli anche personalizzati e su misura a partire dal manico, fatto di legno o di bambù, dal design accurato e accattivante, alla ghiera metallica che unisce il manico ai peli naturali o alle setole sintetiche ancora fissati a mano dalle dita capaci, sottili e solerti quasi sempre di donne. Un’abilità tecnica e manuale derivata dall’insegnamento di bravi maestri artigiani, da una lunga formazione che richiede competenza e concentrazione e dalla disponibilità all’aggiornamento continuo.
«E infine dalla capacità di un lavoro di squadra che non solo sviluppa idee, ma le sa mettere anche a terra. Questo forte impulso all’innovazione è nato quando Chindo ha cominciato a creare prodotti propri senza dover più seguire le consegne dei clienti che da conto-terzisti eravamo obbligati a soddisfare. Quando la merce è tua, fai le cose meglio» spiega Simon Liu.
Perché fabbricare pennelli?
«Perché era ed è più semplice che produrre ciprie, polveri, mascara. E, poi, perché era più facile trovare la manodopera che sapesse già farlo».
Perché mettere il naso fuori dalla Cina pochi anni dopo la nascita di Chindo?
«Per crescere, avevamo bisogno di confrontarci e misurarci il più presto possibile con i mercati esteri. Abbiamo scelto, quindi, l’Italia perché Crema è la capitale nazionale della cosmesi e a Bologna c’è la principale Fiera mondiale del make-up. Al Cosmoprof nel 2019 avevamo allestito il nostro stand nel padiglione internazionale, e non in quello cinese, sorprendendo tutti con la qualità dei nostri pennelli e ricevendo un incredibile successo per la quantità impressionante di contatti-cliente e di ordini. Avevamo portato con noi a Bologna anche una influencer cinese con 10 milioni di followers che ha saputo raccontare che cosa accadeva nel nostro stand e ha contribuito così al nostro exploit. Avevamo visto giusto a volerci confrontare con il mercato internazionale perché, come si dice in Cina, “finché non salti fuori dalla scatola non sai che cosa succede intorno a te”. Poi, l’anno dopo è scoppiato il Covid».
Come avete reagito?
«Chi aveva pensato che questa epidemia sarebbe stata un’influenza passeggera e, quindi, non ha prontamente reagito, è stato costretto a fallire. Anche noi siamo andati un po’ in difficoltà, ma abbiamo resistito correndo subito ai ripari».
Cioè?
«Abbiamo immediatamente ridimensionato la struttura, riducendo le spese di gestione. Nel frattempo abbiamo potenziato il team di Ricerca e Sviluppo che ha saputo migliorare ancora di più il prodotto. La parola crisi, come è scritta in cinese, da una parte raffigura il pericolo e dall’altra l’opportunità. Per noi è stata l’occasione che ci ha permesso di prepararci al grande salto. Infatti, negli anni che siamo stati forzatamente lontani dall’Italia, abbiamo sviluppato altri mercati: Giappone, Usa, Inghilterra ed Equador. E abbiamo partecipato con successo ai Cosmoprof di Singapore e di Las Vegas. A maggio, saremo al China Beauty di Shanghai».
Al Cosmoprof di Bologna, come ha specificato, Chindo ha scelto di inserirsi nel padiglione internazionale e non in quello cinese. Perché?
«Per dare un ulteriore segnale ai buyer internazionali. Chindo si differenzia dalle aziende cinesi che, per non rischiare, fabbricano prodotti tutti simili e copiati daquelli ideati dai leader di mercato. Noi, invece, realizziamo pennelli cosmetici molto artigianali, non massificati. Per il nuovo sbarco in Italia ed Europa, con la collaborazione di Mci, abbiamo studiato prodotti specifici per qualità, design e performances, sostenuti da uno storytelling diverso da quello degli altri mercati per comunicare meglio Chindo nel vecchio Continente attraverso i giusti canali».
La collaborazione con Mci riguarda anche la gestione del magazzino, l’e-commerce e la ricerca dei distributori; per seguirvi l’agenzia cremasca si doterà di un apposito team. Oggi come vendete i vostri prodotti a marchio Texamo e She Has in Cina?
«L’80% online e il 20% in store. Affidiamo il nostro prodotto a catene distributive in molte città del Paese. Inoltre i pennelli venduti online e quelli offline hanno lo stesso prezzo».
In Italia, concretamente, come partirete?
«I nostri prodotti salperanno dalla Cina e verranno immagazzinati in Italia e, quindi, trasferiti ai distributori. Partiremo con le vendite online e con la ricerca di distributori validi».
Qual è il vostro obiettivo di vendita?
«Vorremmo vendere come in Cina 1 milione e 400mila pennelli l’anno. Pensiamo a una crescita continua e ordinata».
Perché il pennello è così importante nella cosmesi?
«Al di là dell’utilizzo pratico che è quello di poter applicare in modo uniforme il prodotto sul viso, sugli occhi e sulle labbra, il pennello cosmetico è come una delicata, avvolgente e morbida carezza. Carezze fisiche che ci sono mancate a lungo durante il Covid».
Per fare export in Cina o impiantarvi un’azienda, che cosa serve?
«Innanzitutto, non bisogna avere preconcetti verso i cinesi, ma avere voglia di conoscerli meglio rispettando la loro cultura e i loro valori. E non guardarli dall’alto in basso, con aria di superiorità, perché le aziende stanno proponendo prodotti al top della qualità e in concorrenza fra loro. Nei Black Friday in Cina, per esempio, i 5 prodotti più venduti sono cinesi. Così per le vetture elettriche e per i film: le prime 10 pellicole più viste in Cina non vengono più da Hollywood, ma sono made in China. Oggi i cinesi sono anche più bravi a raccontarsi rispetto ai brand internazionali, che si sono un po’ seduti. Veniamo considerati con più rispetto e chi viene in Cina si sta adattando alle nostre abitudini».
Per esempio?
«Se ci proponi il pollo fritto e basta, nessuno lo mangerà. Se, invece, insieme al pollo ci metti il riso e le verdure cotte alla cinese, allora lo mangiamo. Chiaro il concetto?».