The conversation. Silvina Agüera, laurea in chimica, una vita da freelance worker

Professione: ballerina e maestra di tango argentino

Da Buenos Aires ai teatri europei e Usa Abita a Cremona. Insegna in 4 scuole

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Laureata a 22 anni in chimica, specializzazione tecnologie alimentari, oggi poteva essere a capo di un laboratorio di controllo della qualità o di un reparto di R&S in qualche grande azienda agroalimentare; ha lavorato, infatti, per un anno in un’importante realtà industriale di Santa Fe, in Argentina, ma è stata talmente totalizzante la “pasión” e la “fascinación” del tango che ha lasciato il lavoro per recarsi a Buenos Aires a perfezionare il ballo che è stato dichiarato patrimonio dell’Umanità.

Un talento. Tanto che Silvina Agüera, diventata in pochissimo tempo il braccio destro del suo insegnante nella capitale argentina, Raùl Bravo, si è esibita a cavallo tra il 1999 e il Duemila nei più importanti teatri europei (tra i quali quello greco di Siracusa, la Fenice di Venezia, il Regio di Torino e il Comunale di Bologna) e negli States, dalla California alla Florida.

Oggi è una delle più quotate maestre di tango argentino in Italia. Una danza che balla e insegna con Riccardo Ongari (loro sono una coppia anche nella vita), già istruttore di ballo dall’età di 15 anni, campione italiano nel 1990 di Danza Standard (valzer, slow fox, tango, valzer viennese, quick step), campione italianoMaster di South American Show Dance nel 2006, oltre ad essere maestro diplomato in 8 discipline di Danza sportiva ed essere stato giudice F.I.D.S. (Federazione Italiana Danza Sportiva). Stiamo parlando, dunque, di due professionisti di altissimo livello.

Silvina Agüera ha 50 anni, due figli (Santiago di 11 anni e Luna di 8 anni) e abita a Cremona. Ha risposto alle nostre domande.
«E pensare che, da ragazza, non volevo ballare il tango perché lo consideravo una danza “per vecchi”. Anche la sua musica non mi piaceva: “troppo triste”».

Poi?

«E’ stata una folgorazione guardando una coreografia con la musica di Astor Piazzolla. Da quel momento mi sono giurata: voglio diventare una ballerina di tango. Nell’azienda dove lavoravo, dopo il periodo di prova, volevano assumermi a tempo determinato. Ho resistito un anno, poi sono andata a proseguire gli studi a Buenos Aires».

Come sono l’Argentina in genere e Buenos Aires in particolare? 

«L’Argentina è un crogiolo di immigrati venuti da ogni dove. Baires (come viene chiamata familiarmente la capitale argentina ndr) è eclettica, cosmopolita, vivacissima, tollerante, un miscuglio di popoli e tradizioni. I suoi abitanti si chiamano porteños. E quando a papa Francesco è stato chiesto: “Lei da ragazzo ballava il tango?”, lui ha risposto con una frase che ha fatto il giro del mondo ed è diventata virale: “Un porteño che non balla il tango non è un porteño”. Più chiaro di così». Come sono stati i tuoi inizi con il tango?

«Andavo a scuola da un maestro milonguero che veniva a Santo Tomé da Buenos Aires. I passi non erano codificati; tutto era basato sull’insegnamento pratico e sulla sua esperienza. Si limitava a dirmi: “Tu copiami”. Ho cominciato così, ma l’entusiasmo era alle stelle».

Le tournée in giro per il mondo?

«Un periodo fantastico. Prima tappa: Venezia. Quando l’ho vista per la prima volta mi è mancato il respiro dall’emozione. Venivamo in Europa tre volte l’anno e ci fermavamo ogni volta per un mese. Ero giovane. Stare sui palchi era un misto di ansia e di felicità. Nel teatro greco di Siracusa c’erano 4mila spettatori, a Bologna c’era anche Lucio Dalla tra gli spettatori. Mi ricordo il pubblico entusiasta a Marsiglia, in Francia, e la gente che ci chiedeva il bis e il tris a San Francisco».

Ricordando quegli anni, dal punto di vista economico, il tango è stato un business per te? 

«Nei tour in Europa e negli States si guadagnava bene, ma ballare il tango in Argentina non era certo un affare per noi giovani. Guadagnavano bene le star. Noi abitavamo in micro appartamenti».

Poi lei si è messa a insegnare tango a Venezia nel 2001/2002, e a Milano dal 2002 al 2008. Erano gli anni del boom del tango in Italia: la gente cominciò a impazzire per le milonghe e per il «pensiero triste che balla» come lo definiva il compositore argentino Discepolo. Tutti a danzare “tangamente”: baile, musica, canción y poesia. E’ stato davvero così?

«Sono stati davvero gli anni d’oro perché le scuole di tango, in tutta Italia, si rubavano i maestri argentini professionisti. Avere, infatti, come insegnamenti coppie di tango argentine era un fiore all’occhiello per chi organizzava lezioni e stages. A Parigi si ballava a bordo Senna, a New York al Central Park, a Roma sotto il colonnato dell’Eur».

Più introiti anche per voi maestri del tango.

«Certo. Prima si abitava in una stanza, poi si è passati dal mono al bilocale, infine in appartamenti più grandi».
Nella vita professionale ci sono anche momenti difficili. I suoi?

«Due in particolare. Il primo quando mi sono separata; sono ritornata a Cremona perché qui avevo già un nome come maestra ed era un porto sicuro da cui ricominciare. Fino a quando mi sono messa in coppia con Riccardo nel 2019, insegnavo da sola ricoprendo i ruoli di ballerino e ballerina. In Argentina è nella norma che un maestro sappia ballare da uomo e da donna, in Italia no».

Il secondo momento complicato?

«Gli anni del Covid: sono stati terribili. Facevamo solo le lezioni online. Lo Stato non ci ha aiutato molto perché insegnare tango non era considerato un lavoro essenziale per vivere».

Una vita da libera professionista e con un mestiere, il suo, che non è considerato tra i più solidi. Non si è mai pentita?
«Pentita mai, momenti di ansia sì. Ma che cosa c’è di duraturo oggi nella vita quando vedi che licenziano anche in aziende con decenni di storia alle spalle! Grazie al tango, posso dire di avere una vita più che dignitosa. Certo che, se fossi stata costretta alla fame, avrei rinunciato al tango per fare un altro mestiere. Ma non ce n’è stato bisogno. Anzi sono grata a questo ballo che mi ha offerto una professione e mi sento una privilegiata perché posso vivere della mia passione. Con il passare degli anni è cambiata la prospettiva: da giovane erano le esibizioni la parte centrale del mio lavoro; oggi, invece, sono importanti perché promuovono il nostro lavoro di insegnanti».

Com’è la vostra giornata tipo?

«Durante il giorno facciamo lezioni private e ci alleniamo, di sera insegniamo nelle varie scuole. I sabati sera gestiamo gli stages nelle varie milonghe».

Settimane intense di impegni: come riesce a gestire anche i figli lavorando di sera?

«Grazie a questo lavoro, posso stare con i miei figli tutto il giorno, e la sera ho persone fidate che vigilano su di loro».
In tutte le professioni, e anche nelle aziende, la formazione è continua per raggiungere obiettivi personali sfidanti. E’ così anche per voi?

«Negli anni abbiamo continuato a perfezionare la nostra tecnica e il nostro metodo d’insegnamento con diversi e importanti maestri argentini. Da due anni ci stiamo aggiornando con due insegnanti che sono i più rinomati in Argentina: Vanesa Villarba e Facundo Piñero. Se a questa formazione continua aggiungiamo la nostra lunga esperienza, non suoni immodesto dire che l’eccellenza è una nostra prerogativa».

Se i vostri maestri sono in Argentina e voi a Cremona, concretamente come vi aggiornate? 

«Durante tutto l’anno con lezioni online. E di persona con loro quando vengono in Italia alcuni mesi l’anno per esibirsi e tenere i corsi».
A un ragazzo o una ragazza che vuole fare il ballerino di tango e insegnarlo, quali consigli darebbe?

«Se è proprio la loro passione, si buttino. Sapendo, però, che è un lavoro vero e proprio e, quindi, deve essere di qualità. Servono serietà, determinazione, perseveranza, allenamenti e aggiornamenti continui. Attenzione, però: ballare il tango e insegnarlo sono abilità che non sempre coincidono. Uno può essere bravo a “bailar”, ma non a “enseñar”. Bisogna, quindi, dover imparare due mestieri».

A chi può essere insegnato il tango?

«A tutti. L’abbiamo insegnato anche a un maestro d’orchestra perché aveva capito che per dirigere bene gli orchestrali non serviva solo la bacchetta, ma anche il movimento armonioso di tronco e braccia. L’abbiamo insegnato ad alcune pattinatrici professioniste che volevano imprimere più ritmo ai loro corpi dalla cintola in su. L’abbiamo insegnato a un gruppo di persone affette dal Parkinson perché il tango fa bene a chi è colpito da questo morbo. Mi ricordo una signora che alla fine del corso mi ha confidato: “Nell’ora di ballo, non mi sento più malata”».

Come si insegna il tango?

«Il tango è un linguaggio del corpo. Per fare un esempio, è come insegnare le lettere dell’alfabeto e il saperle mettere insieme per formare più frasi. Poi, in seguito, il saper scrivere un bel tema o diventare un poeta dipende solo dalla bravura delle persone. Così il tango: insegniamo i singoli passi e come combinarli tra loro; poi subentra l’abilità degli allievi».

Che cosa rappresenta il tango?

«Dietro questo ballo c’è tutta una cultura stratificata nel tempo con l’apporto di tante tradizioni popolari arrivate da popoli diversi tra loro; musica e parole hanno tante storie alle spalle che si fondono in una storia universale. Ecco perché è diventato patrimonio dell’Umanità».

In poche parole, cos’è il tango?

«E’ la danza più completa perché per ballarlo servono capacità fisiche, mentali, passionali». 

Raccontava che da ragazza non le piaceva il tango perché “la sua musica era triste”. La pensa ancora così?

«Ho realizzato che il tango per noi argentini è come il fado per portoghesi e brasiliani: comunica la saudade, cioè la nostalgia. Quando mi rendo conto, infatti, che, per un motivo o per un altro, non tornerò più a vivere nel Paese in cui sono nata e cresciuta, a volte mi prende l’amarezza. E ho capito meglio perché la musica del tango “è triste”: vuole trasmettere la struggente malinconia di chi, come me, può rivivere l’Argentina solo nei propri ricordi».

Silvina Agüera. Ecco chi è

Silvina Agüera è nata 50 anni fa a Santo Tomé, provincia di Santa Fe, Argentina.
• A 4 anni già voleva fare la ballerina di danza classica, a 6 anni ha messo le sue prime scarpette da punta.

• Dopo 10 anni di danza classica, a 16 anni è entrata nel corpo di ballo folcloristico (folclore de proyeccion) «Raices Argentinas» che metteva in scena i suoi spettacoli in diverse città dell’Argentina.

• Si avvicina al tango a 23 anni frequentando prima la scuola di Tango del Centro culturale della provincia di Santa Fe, sotto la guida del maestro Raùl Bravo proveniente da Buenos Aires e specializzato in “gyros y enrosques”.

• Sempre a 23 anni va anche a Buenos Ayres a perfezionare gli studi con Roberto Herrera e diventa l’assistente del maestro.

• A 26 anni viene scelta in un casting di 200 coppie per una tornée in Europa. Che inizia l’anno dopo, nel 1999, quando Silvina Agüera aveva 27 anni: 5 copie di ballerini più l’orchestra olandese. Il gruppo si chiamava Nueva Compañia Tangueros. Prima tappa Venezia. Poi esibizioni in varie città italiane, svizzere, francesi. Ma anche tour in California (S. Francisco e S. Diego) e in Florida.

• Comincia a insegnare tango argentino a Venezia: due anni, dal 2001 al 2002. Poi tappa a Milano dal 2002 al 2008.

• Infine, base fissa a Cremona e insegnamento in varie scuole cremonesi, ma anche del Bresciano e della Bergamasca.

• Ha sempre arricchito la sua professionalità con maestri professionisti argentini. Da due anni si sta aggiornando, insieme al suo ballerino Riccardo Ongari, con due insegnanti che sono i più rinomati in Argentina: Vanesa Villarba Facundo Piñero.

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