L’AI (Artificial Intelligence) sta modificando – e lo farà sempre più in futuro – il mondo dell’economia, delle aziende, del loro modo di progettare e produrre. Per capirne di più, abbiamo sentito Michele Grazioli, classe 1995, fondatore e presidente di Vedrai, l’enfant prodige dell’Intelligenza artificiale che aiuta le Pmi a prevedere costi e rischi. E abbiamo anche voluto saperne di più sulla sua azienda, sui manager in carne e ossa, sugli Agenti Virtuali, sul presente e sul futuro di Vedrai.
Già da ragazzo, mentre cercava di aiutare suo padre a fronteggiare la crisi dell’edilizia creando i primi algoritmi, quando si è reso conto di essere sulla strada giusta? Aveva già avuto modo, cioè, di verificare che le sue “previsioni”, basate sui dati generati dall’attività paterna e sul mercato, erano azzeccate? E per questo ha continuato a sviluppare quel software iniziale?
Quel primo software è stato l’inizio della mia avventura con l’Intelligenza Artificiale, ma in realtà la nascita di Vedrai ha avuto origini diverse ed è stata la risposta a due esigenze. La prima è aiutare imprenditori e manager delle Pmi a prendere decisioni migliori in condizioni di incertezza, risparmiando tempo e riducendo i costi di scelte sbagliate. È un bisogno di tutti i giorni anche in condizioni di stabilità, che la pandemia ha evidenziato ulteriormente. Io sono nato e cresciuto in una frazione di Soncino, a pochi chilometri da Codogno, il primo focolaio della pandemia.
Durante il primo lockdown ho avuto modo di parlare con diversi imprenditori che, di fronte a uno scenario che poteva cambiare ogni giorno, non sapevano se fermare o continuare la produzione, se e quanto riempire i magazzini, se dire ai propri dipendenti di venire a lavorare quel giorno oppure no. Il lancio di Vedrai era stato programmato più avanti, ma quello era il momento in cui c’era il bisogno di una soluzione che aiutasse gli imprenditori a migliorare il processo decisionale e ridurre i rischi di decisioni errate.
La seconda esigenza è quella di realizzare una soluzione che fosse alla portata delle piccole e medie imprese, che non hanno la disponibilità economica né l’infrastruttura tecnologica e le competenze che servono per utilizzare le soluzioni complesse già presenti sul mercato e impiegate dalle grandi aziende.
Lei dice che solo sbagliando si impara e che gli errori commessi non sono “il male del mondo”, ma sapendo che sbagliando con la A.I. si possono provocare danni alle imprese-clienti, qual è lo sbaglio (o gli sbagli) di cui ancora oggi si pente? E che cosa ha imparato da quegli errori?
Sull’errore, e più in generale sul concetto di fallimento, c’è un forte bias culturale. Ogni giorno prendiamo circa 40.000 decisioni: alcune sono molto semplici e ricorsive, come decidere cosa scrivere in un messaggio o scegliere in che posizione lasciare le posate sul piatto, altre sono più complesse.
Statisticamente, oltre 1⁄3 di queste scelte non sono ottimali. Questo significa che noi viviamo circondati dai nostri errori, anche se non ce ne accorgiamo. Per l’AI il discorso è analogo, con la differenza che impara da ogni errore e migliora le proprie performance, perché è sempre consapevole di quale scelta non è stata ottimale.
Quindi vorrei rispondere a questa domanda con due considerazioni. La prima è che si ha sempre paura che qualsiasi errore, umano o “artificiale”, possa provocare danni, quando in realtà è più importante capire quando si sbaglia piuttosto che avere la pretesa utopica di non sbagliare. La seconda riguarda gli errori dei quali mi pento: direi nessuno, nonostante ne abbia fatti molti, perché senza di loro non avrei imparato quello che so oggi.
Ci può far capire il percorso del lavoro (con i vari passaggi e le figure professionali coinvolte) che viene svolto a Vedrai quando prende in carico un’azienda?
Vedrai supporta il processo decisionale di diverse funzioni aziendali: Amministratore Delegato, Direttore Finanziario, Direttore Vendite, Marketing Manager, Responsabile Acquisti e Responsabile di Produzione. Per ogni funzione, mette a disposizione uno specifico Agente Virtuale che monitora milioni di dati interni (dati di produzione, gestionali, contabilità) e variabili esterne (variabili macroeconomiche, meteo, trend di ricerca) per calcolare l’impatto futuro di ogni decisione aziendale. Incrociando tutte queste variabili, gli agenti virtuali forniscono degli scenari di previsione che aiutano il manager a prendere decisioni più consapevoli e in meno tempo, riducendo i rischi e i costi di decisioni sbagliate. Alcuni esempi sono l’agente virtuale James, che supporta il CEO fornendogli una panoramica complessiva dell’andamento aziendale e simulando diversi scenari di allocazione di budget per osservare i risultati futuri a parità di condizioni. Oppure l’agente virtuale Frank, che monitora i trend di mercato e prevede la curva di domanda dei diversi prodotti anche in funzione di variabili come il prezzo. O ancora Becky, che monitora le notizie macroeconomiche che influenzano i prezzi e i principali indicatori di mercato (Stocastico, MACD, RSI) per fornire al responsabile acquisti dell’azienda un quadro previsionale di disponibilità e prezzi delle materie prime, supportandolo nella gestione dei costi.
È importante sottolineare che i nostri agenti virtuali non sostituiscono il lavoro dei manager e dei dipendenti delle aziende clienti, ma lo affiancano trasformando la complessità dei dati in informazioni strategiche facilmente leggibili dalle aziende, a cui spetta la decisione finale su come utilizzare queste informazioni.
Qual è il motivo per cui, tra le tante piattaforme di A.I. sui mercati nazionale e internazionale, un’azienda sceglie Vedrai? Perché percentualmente ha dimostrato di avere le migliori performances di successo?
Le nostre soluzioni sono progettate per le piccole e medie imprese, che non hanno la disponibilità economica né l’infrastruttura tecnologica e le competenze che servono per utilizzare le soluzioni complesse già presenti sul mercato e impiegate dalle grandi aziende. I nostri agenti virtuali sono piattaforme che le imprese possono utilizzare in cloud, senza dover disporre di un’infrastruttura dedicata, hanno una curva di apprendimento molto rapida e possono essere integrate subito e facilmente nel processo decisionale. Nel tempo, i nostri agenti virtuali hanno dimostrato di poter portare significativi risparmi di tempo lavorato e di costi. Utilizzando James, ad esempio, il tempo necessario a realizzare un budget scende mediamente da 80 a 4 ore. Con Becky, invece, le imprese mediamente riescono a risparmiare il 4,58% sul costo di acquisto delle materie prime.
Il nostro mensile punta molto sulla formazione continua. A un giovane che sta per fare la scelta (quasi definitiva) sul proprio futuro di studi e poi professionale, quali consigli può dare?
Io sono laureato in Economia pur lavorando da sempre con la tecnologia. Il mio consiglio è di non incasellare, per quanto possibile, il proprio percorso e la propria professionalità. È bene partire da basi universitarie solide, anche se possono sembrare astratte, e poi fare tesoro di ogni esperienza di studio o di lavoro, cercando poco a poco l’ambito o l’applicazione che meglio si sposa con i propri interessi, personalizzando di volta in volta il percorso sulla base delle proprie inclinazioni. Prima o poi tutte le esperienze fatte torneranno utili, perché ogni progetto parte da differenti esigenze aziendali, organizzative e gestionali e, prima di poterlo avviare, è fondamentale comprendere quali sono gli obiettivi, il contesto di riferimento e le priorità.
Perché sono sempre meno i giovani che scelgono di fare l’imprenditore? E’ solo colpa della burocrazia o per la paura di rischiare?
Per fare l’imprenditore è necessario possedere ed esercitare continuamente una serie di competenze hard e soft che è molto difficile sviluppare nei tradizionali percorsi di studio e di lavoro. A partire dalla scuola, tutto il sistema educativo e formativo è pensato per preparare i giovani a essere lavoratori dipendenti eccellenti, ma non per essere imprenditori. Pensiamo ad esempio alla creatività e al problem solving, competenze fondamentali con cui un imprenditore deve confrontarsi quotidianamente, e che nella scuola non sempre sono insegnate e valorizzate. Ritengo che questa sia una delle cause della scarsa propensione dei giovani a fare impresa.
Lei ha dichiarato di voler democratizzare l’A.I rendendola più accessibile alle piccole e medie imprese. In termini concreti, può, per esempio, una piccola azienda di Soncino, Crema e Cremona, diventare cliente di Vedrai? In altre parole, quando costa – partendo da una base minima – diventare clienti di Vedrai?
L’obiettivo di Vedrai è portare le opportunità dell’Intelligenza Artificiale alle piccole e medie imprese italiane. Questo significa da un lato mettere a disposizione soluzioni a costi accessibili, dall’altro sensibilizzare gli imprenditori rispetto a questa opportunità e far comprendere la necessità di adottare l’AI fin da subito, per ottenere vantaggi competitivi sulle altre aziende. Attualmente sul mercato le soluzioni di Intelligenza Artificiale vengono fornite attraverso un approccio consulenziale sviluppando soluzioni personalizzate create ogni volta per ogni singola azienda. Vedrai ha invece sviluppato una tecnologia che può essere messa a disposizione attraverso prodotti standardizzati, con costi più accessibili, fino a 10 volte più bassi rispetto alle soluzioni personalizzate già sul mercato. Può quindi essere adottata facilmente da imprese con un fatturato a partire dai 7 milioni. Bisogna poi considerare il vantaggio di poter utilizzare questa tecnologia senza doversi dotare di una complessa infrastruttura tecnologica o di dipartimenti IT strutturati perché gli agenti virtuali funzionano in cloud e hanno una curva di apprendimento molto rapida che consente di inserirli nei processi aziendali in un tempo molto breve.
Qual è oggi il capitale di Vedrai?
Dalla sua nascita Vedrai è cresciuta velocemente, attirando l’attenzione degli investitori e raccogliendo capitali per oltre 45 milioni di euro fra 2021 e 2022. Durante il primo aumento di capitale, a luglio 2021, Vedrai ha raccolto 5 milioni da 32 investitori d’eccezione tra cui il capitano della nazionale italiana di calcio Giorgio Chiellini, il tenore Andrea Bocelli, il fondatore e CEO del Gruppo Calzedonia Sandro Veronesi. A questa operazione è seguita, ad aprile 2022, una raccolta di capitale di oltre 40 milioni guidata da Azimut, la maggiore realtà finanziaria indipendente nel settore del risparmio gestito in Italia. Vedrai ha chiuso il 2021 con un fatturato di circa 4,5 milioni di euro nel 2021 e un Ebitda di più di 2 milioni di euro.
Quali società ha acquisito o nelle quali è socio e per quali motivi?
Vedrai ha l’obiettivo di creare un Polo italiano ed europeo dell’intelligenza artificiale e lo persegue attraverso una strategia di acquisizioni di startup e aziende con un’offerta complementare alla propria, che consente di aggregare le migliori competenze di AI sul mercato.
In questa direzione vanno l’acquisizione di Premoneo, azienda italiana specializzata in soluzioni di pricing, forecasting e segmentazione, e la joint venture con Motive per dare vita alla società Fermai che punta a rivoluzionare il settore manifatturiero delle PMI italiane grazie alla manutenzione predittiva. Vedrai ha inoltre acquisito il 60% di Indigo.ai, piattaforma “no-code” pensata per consentire a chi non ha competenze tecniche di sviluppare chatbot e interfacce conversazionali per aumentare le vendite e migliorare il customer service. Per sostenere le PMI nell’organizzazione dei dati, Vedrai si unisce ad Altea Federation, gruppo con trent’anni di esperienza nella system integration: l’operazione nasce con la joint venture Vedrai Data Intelligence, partecipata dalle due società, e si concretizza con l’incorporazione del ramo d’azienda “Data Intelligence” di Altea Federation, newco con oltre 100 clienti e più di 50 addetti.
Quanti sono i dipendenti di Vedrai e qual è il loro identikit?
Il Gruppo Vedrai in soli due anni e mezzo è passato da 3 a oltre 150 dipendenti, con un’età media sotto i 30 anni, fra cui figurano molti profili tecnici – come sviluppatori, data scientist, user experience designer – oltre a profili commerciali, addetti alle vendite, al marketing e alla comunicazione.
Qual è l’organigramma di Vedrai e chi è a capo di che cosa?
La crescita di Vedrai nei primi due anni di storia è stata straordinaria, e significativamente superiore alle aspettative. Proprio per questo si è deciso di adottare una nuova organizzazione che ha lo scopo di guidare la transizione della società da startup ad azienda in grado di competere con i principali player internazionali, supportando i propri dipendenti nella loro crescita personale e professionale, aumentando la consapevolezza dell’importanza del ruolo di ciascun membro e del contributo che ne deriva, fattori essenziali per il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi di gruppo.
Per completare questa transizione, il Gruppo Vedrai ha adottato una struttura aziendale funzionale modificata, un modello strutturale caratterizzato dalla specializzazione funzionale, organizzata verticalmente in funzioni, e che prevede la gestione di progetti trasversali cross funzionali, per questo “modi-ficata”. La nuova struttura prevede l’introduzione di funzioni di Gruppo (Product, Finance, Strategy e Business Development) e funzioni specifiche per le singole Country e Company che fanno parte del Gruppo Vedrai.
Ci può fare i nomi di suoi clienti importanti?
Vedrai ha acquisito numerosi clienti in diversi settori, fra cui il manifatturiero, il retail, le utility, il turismo e il farmaceutico. Fra i clienti nel settore manifatturiero possiamo citare Tecnofil, trafileria bresciana tra le più importanti in Europa e dal 2016 parte del Gruppo Alfa Acciai, WG Ellegi, azienda bergamasca punto di riferimento per il mondo delle guarnizioni industriali, Lopigom, azienda bergamasca che opera nel mercato internazionale della gomma e della plastica. Nelle utility è recente la collaborazione con Power Energia, cooperativa di utenza che fornisce energia elettrica e gas ai suoi clienti e soci business, mentre in ambito retail/e-commerce si segnalano Wurth Italia, multinazionale che distribuisce prodotti e sistemi per il fissaggio e montaggio, e Farmaè, primo eRetailer OnLife di Salute e Benessere in Italia.
A quando lo sbarco in Borsa?
L’obiettivo è trasformare Vedrai in una public company e quotarla in Borsa entro il 2025: un’azienda come Vedrai, con una forte mission sociale e incentrata sulle PMI, deve essere aperta anche al contributo dei piccoli investitori.
Lei dice di voler puntare molto sull’internazionalizzazione di Vedrai: oltre alla Spagna, in quali altri Paesi è già presente o nei quali ha già progettato di insediarsi? Abbiamo aperto una sede a Madrid, Vedrai Iberia, monitoriamo tutti i paesi europei e in particolare guardiamo con interesse a Francia e Germania.