Fabio Casu, consulente aziendale, al corso formazione di Api

Esg, essere sostenibili porta molti vantaggi

Partecipazione a gare anche estere e della Pa, essere scelti da clienti e fornitori, avere accesso al credito

Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
Pocket
WhatsApp

«Chi non è in linea con gli Esg, sarà fuori mercato. Quando lo dicevo ai Cfo, mi ridevano quasi in faccia, tranne che richiamarmi qualche mese dopo». Con i principi della sostenibilità i conti dovranno farli tutte le aziende. E prima che se lo aspettino. Infatti, a pretendere che gli imprenditori si mettano in regola con gli Esg (in materia di Environmental, social e governance) saranno clienti, fornitori e istituti finanziari (non solo italiani). Fornitori e clienti perché cominceranno a preferire chi è in linea con i parametri della sostenibilità e non chi pratica il massimo sconto, mentre allo sportello vigerà sempre più la regola del rating Esg difronte alla richiesta di un finanziamento. Concetti bene espressi da Fabio Casu – ricercatore e consulente aziendale per la sostenibilità, l’innovazione e il performance management – al corso di formazione su questi temi che si è svolto ad Apindustria di Cremona.

Casu ha iniziato la sua “lezione” parlando subito di soldi: «Chi ha tempo, non aspetti tempo anche per una questione di costi». Infatti, se è vero che per adeguarsi ai parametri Esg costerà comunque alle aziende che devono mettere nel conto sia l’impegno finanziario che il tempo da dedicare a quest’obbligo, «costerà di meno cominciando con gradualità a mettersi in regola piuttosto che aspettare di arrivare all’appuntamento sul fil di lana o peggio ancora a tempo scaduto».«Sostenibilità significa equilibrio» ha spiegato Casu. «Equilibrio economico (costi e ricavi) certamente, ma lo sviluppo economico a lungo termine deve avvenire anche nel rispetto dell’ambiente e dell’inclusione sociale». I 17 obiettivi performanti del “Green deal” europeo del 2016 introdotti con la «Non-Financial Reporting Directive» (NFRD) cambieranno sempre di più i modi di produrre.

«Attenzione che le direttive europee non derogano mai. Sono normative che ti dicono sempre quanto tempo hai a disposizione per metterti in regola, ma poi arriva il momento che entrano davvero in vigore. Poggiano su disincentivi utilizzando norme e tasse, ma anche su incentivi come lo sono i contributi del Pnrr (investimenti per il periodo 2021-2026) o i finanziamenti devoluti tramite bandi nazionali e regionali».

Se guardiamo al Pnrr scopriamo, infatti, che «il rilancio dell’Italia è articolato intorno a tre assi strategici che insieme sommano 121 dei 191 miliardi totali: digitalizzazione e innovazione (40 miliardi, 21%), transizione verde (60 miliardi, 32%) e inclusione sociale (20 miliardi, 10%).

La sostenibilità ha già un impatto su molte dinamiche di mercato che si traducono in vantaggi strategici ed operativi. Casu ne ha indicati principalmente tre. Il primo: la partecipazione a gare, soprattutto estere, che prevedono specifici requisiti in ambito di sostenibilità, e la possibilità di concorrere alle gare d’appalto della Pubblica amministrazione che applica i Cam (cioè i Criteri ambientali minimi) e il Gpp (Green public procurement): quest’ultimo è un approccio in base al quale la Pa tiene conto di criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto di prodotti e servizi. Non credere agli Esg, insomma, significa perdere soldi dei finanziamenti dei bandi nazionali e regionali.

Il secondo vantaggio: avere un ottimo rapporto con i clienti (nuovi e già acquisiti) che selezionano e qualificano i fornitori in base alle valutazioni di sostenibilità. 

Il terzo vantaggio: «Una banca ti presta i soldi anche a lungo termine se sa che glieli puoi restituire con gli interessi; ma se nel lungo tempo andrai fuori mercato perché non sarai più sostenibile? Nessun rating Esg, niente soldi». Ma qual è il vantaggio di un istituto di credito nel trattare così duramente i suoi clienti? Lo spiega sempre bene Casu: «Se la banca presta i soldi per un progetto sostenibile, non deve mettere a riserva la stessa quantità di denaro prestata, ma la metà».

E non è finita: la sostenibilità è diventata una richiesta forte anche delle banche d’affari che assistono le aziende in fase di quotazione (Ipo). Senza un rating Esg da presentare, l’Ipo potrebbe perdere una grande fetta di potenziali investitori grandi e piccoli con il rischio di un eventuale flop. Ecco allora la necessità per le matricole di Borsa di attrezzarsi e di fornire informazioni sostenibili anche se non vi sono obblighi in tal senso.

In pratica, il percorso verso la sostenibilità è finalizzato anche a rendere le aziende più competitive e incentivarle ad acquisire le quote di mercato oggi presidiate da soggetti che non intraprenderanno tale percorso.

Quindi, oltre al bilancio d’esercizio, le aziende dovranno presentare quello della sostenibilità, ma quest’obbligo varrà lungo tutta la catena del valore fino a valle: tutti i fornitori, insomma, dovranno essere sostenibili. «Non puoi più dire “non mi ero accorto”». E presto nelle aziende, accanto al Cfo (Chief financial officer) ci sarà il Cso (Chef sustainability officier) e, per le aziende più grandi, lo stakeholder manager.

Ma chi mi certifica la sostenibilità? «Gli standard più utilizzati in Europa sono il Gri (Global Reporting Initiative) il Sasb (Sustainability Accounting Standards Board)». Ma c’è anche la severissima certificazione statunitense B-Corp (acronimo di Benefit Corporation) riconosciuta a livello internazionale e riferita alle aziende nel mondo che rispettano tutti i parametri Esg, e quindi supera qualsiasi altra certificazione. Attenzione, però, perché nel novembre 2022 l’Ue ha emesso le bozze definitive degli standard della certificazione europea della sostenibilità, gli Esrs (European sustainability report standard), predisposti dall’Efrag (European financial reporting advisory group), più severi di quelli del Gri e Sasb, e forse anche del B-Corp.

Un lungo lavoro, avviato nel giugno 2021; la Commissione europea dovrà ora consultare gli organismi dell’Ue e gli Stati membri prima di adottare a giugno di quest’anno gli standard definitivi attraverso atti delegati. Gli obblighi di rendicontazione secondo i futuri Esrs saranno introdotti gradualmente nel tempo in funzione delle caratteristiche delle società.

Diventa, così, importante non perdere le prossime puntate.

Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
Pocket
WhatsApp

Iscriviti alla nostra newsletter!

Iscriviti alla newsletter