Risposta adeguata ai bisogni impellenti delle aziende agricole

Il Politecnico va in contropiede con Agricultural Engineering

Prima laurea dedicata all’innovazione tecnologica dei sistemi agroindustriali

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Ancora una volta il campus cremonese del Politecnico di Milano ha saputo prendere in contropiede il mondo universitario, addirittura a livello internazionale, dando il via all’ennesimo corso di laurea innovativo, in grado di soddisfare un’esigenza ormai non più rinviabile. Il corso in Agricultural Engineering, inaugurato lo scorso anno accademico, è infatti la risposta a una diffusione sempre più inarrestabile della tecnologia digitale in ogni ambito, compreso appunto il settore dell’agricoltura, che su questo versante non è da meno, grazie all’impiego di sistemi automatizzati, nel campo dell’irrigazione intelligente, per esempio, o dello sfruttamento degli scarti in termini energetici.

«È stata proprio la necessità di dare risposta ai bisogni impellenti delle aziende di questo specifico settore, in termini di professionisti formati nel campo delle tecnologie più progredite, che ci ha spinto ad affrontare questa nuova sfida», commenta Gianni Ferretti, prorettore del Politecnico milanese e responsabile del campus di Cremona. «Ne è nato un dialogo con le realtà produttive interessate e con le loro associazioni di categoria e da qui alla fase della progettazione del corso di laurea gli eventi si sono svolti con una velocità che mi ha colto di sorpresa. Peraltro, i nostri primi passi in questa direzione li abbiamo mossi in piena pandemia, ma ciò non ha comportato il venir meno della determinazione e dell’impegno richiesti, tenendo ben in vista l’obiettivo all’orizzonte».

«Abbiamo convenuto fin da subito sulla necessità di definire un vasto portafoglio di competenze, di cui un ingegnere dell’agricoltura dovrebbe dar prova», prosegue Ferretti, «e quello che ne è scaturito possiamo dire, senza tema di smentite, che è in assoluto il primo corso universitario di questo tipo in tutta Italia ed è piuttosto raro anche a livello mondiale, dal momento che esiste qualcosa di comparabile soltanto nei Paesi Bassi, in Spagna e poco altro in Usa e in Asia». Merito di un lavoro di squadra, si diceva, agevolato dal contributo prezioso del campus cremonese dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dell’amministrazione comunale di Cremona e della Fondazione Arvedi-Buschini, oltreché di un territorio storicamente vocato a questo tipo di intrapresa Il corso in Agricultural Engineering, interamente in lingua inglese, è iniziato in sordina, nel bel mezzo del periodo più difficile della pandemia e non ha potuto contare su una pubblicità adeguata; ragion per cui, nell’anno accademico 2021/2022, ha fatto registrare solo diciotto iscrizioni, che tuttavia sono già salite a trentadue quest’anno, a cui altre se ne aggiungeranno nel secondo semestre. «A regime ci aspettiamo cinquanta, sessanta matricole l’anno», sottolinea Ferretti, che precisa come attualmente gli studenti stranieri sono ben dodici, provenienti da altri Paesi dell’Ue, dall’Asia – soprattutto Medio Oriente – e dall’Africa». Quanto ai possibili sbocchi occupazionali, risulta ormai evidente da quanto detto finora che il mondo del lavoro ha fame dei professionisti che usciranno dal corso di laurea in questione e, del resto, fa notare il prorettore: «Abbiamo tenuto di recente un seminario con un’importante azienda di macchine agricole, che non ha mancato di chiederci se avessimo già degli studenti disponibili; una conferma significativa della bontà della strada che abbiamo intrapreso».

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