«I nuovi lavoratori? Chi li capisce è bravo!». E ancora: «Perché nessuno vuole più lavorare (da me)?» Infine: «Perché se ne vanno tutti (via da me)?» Sono le domane chiave che si pongono molti imprenditori. E proprio partendo da quesiti simili che Apindustra Confimi Cremona ha organizzato il suo primo «People Forum», l’evento dedicato alle Pmi e a temi d’attualità come lavoro, giovani, competenze e futuro.
Il mondo è cambiato, così il lavoro e le competenze. Lo ha sottolineato, numeri alla mano, Maria Grazia Gasparoni, partner di Logotel. Questo è lo scenario che ha descritto: 2,2 milioni di persone hanno lasciato il posto di lavoro; il 48% lo lascerebbe perché i suoi valori non corrispondono più a quelli dell’azienda; solo il 50% si sente realizzato e, infine, il 75% delle imprese ha difficoltà ad assumere talenti
Le cause sono tante: inflazione e policrisi, incertezze sul mercato del lavoro che influenzano umori e comportamenti, il sentirsi vulnerabili, la mancanza di fiducia nel futuro e il rischio di essere esclusi dal mondo sociale e del lavoro.
C’è, poi, l’accelerazione fortissima della tecnologia: automazione, piattaforme e AI. «C’è chi salta con facilità sul digitale e chi fa più fatica e lascia». Che fare, allora? Ecco alcuni rimedi per tenersi i dipendenti ed essere attrattivi: formazione con programmi di tutoraggio (reverse mentoring), politiche di inclusione e sostenibilità che sono un potente fattore attrattivo per i talenti, progetti comuni che diventano un collante comune, sviluppare aree di ascolto, ricucire i divide generazionali».
Siamo messi così male? Sì, secondo Marianna Marrazzo di Gi Group. I suoi numeri: il 47% delle imprese fatica a trovare personale con competenze adeguate; abbiamo in Italia il 62,7% di diplomati tra i 25 e 64 anni (contro il 79,3% Europa); sono 8-10mila nel nostro Paese coloro che concludono il percorso ITS contro gli 800mila in Germania; e, infine, 1 giovane su 3 con un diploma in tasca non sa che cosa fare nella vita. Formazione, orientamento e inserimento potrebbero essere le soluzioni possibili.
Monica Cozzolino è capo area di OSM Edu, istituto che ha svolto un sondaggio tra i ragazzi dai 16 ai 19 anni con questi risultati: i giovani vogliono poter scegliere il meglio per il loro impiego e lavorare in un ambiente stimolante e divertente. E ancora: cercano un mentore aziendale che provi interesse anche per la loro persona, vogliono sapere qual è il sogno dell’azienda che deve essere anche un luogo dove è possibile esprimere il proprio talento. «Quindi» ha esortato Monica Cozzolino, «se hai difficoltà a trovare e a inserire giovani talenti in azienda, passa da azienda che si ritiene interessante ad azienda che si interessa».
Luigi Maniscalco, autore del volume “Il lavoro che c’è”, responsabile marketing e comunicazione di Fondazione Unimi, ha presentato l’elenco dei “mestieri” in più rapida ascesa nel mercato del lavoro.
Ecco la top ten:
• Addetto allo sviluppo commerciale
• Sustainability specialist
• Analista SOC
• Customer success manager
• Direttore di farmacia
• Data engineer
• Cloud engineer
• Cyber security engineer
• Machine learning engineer
• Responsabile dello sviluppo aziendale.
Fabio Antoldi, professore ordinario di Strategia aziendale e di imprenditorialità all’Università Cattolica con sede a Cremona, ha richiamato i partecipanti al realismo perché il 99,9% sono Pmi, fra le quali tantissime sono le imprese con meno di 10 dipendenti e con un fatturato non superiore ai 2 milioni di fatturato. E il settore imprenditoriale da 12 anni sta vivendo in un mondo Vuca, cioè Volatility, Uncertainty, Complexity e Ambiguity.
Il suo consiglio: per costruirsi un vantaggio competitivo, le aziende devono anche preparare la nuova generazione di imprenditori al suo vertice. In che modo? Ecco i compiti della “Generazione Senior”:
• Trasmissione ai giovani dei valori familiari e aziendali
• Pianificazione del ricambio generazionale
• Valutazione dei giovani candidati alla (co)leadership e accompagnamento.
• Gestione della transizione (anche con vertici intergenerazionali temporanei).
E questi sono i compiti della “Generazione Junior”:
• Essere parte attiva nel processo • Ascoltare, partecipare, proporre
• Co-pianificare il ricambio e la transizione
• Investire sul proprio futuro in azienda
• Collaborare e avere fiducia
• Pazientare e includere (non “rivoluzionare”).
Come si forma, si valuta e si gestisce il personale? Interessante è stato l’intervento di Paolo Ramella, responsabile Risorse Umane di Credito Padano. «Siamo partiti chiedendoci: che cosa serve in banca se vogliamo avere successo? La risposta: ogni attività deve essere svolta da dipendenti che abbiano qualità, creatività, competenze adeguate al ruolo e che sappiano anticipare le esigenze della clientela e del mercato». Che cosa è per Ramella il “performance management system”? «Essere capaci di inserire nell’azienda processi e strumenti utili a orientare i comportamenti delle persone al fine di raggiungere i traguardi aziendali».