Dopo i due crac contemporanei della Silicon Valley Bank e di Credit Suisse

Quanto è solida la tua banca?

Una situazione che ripropone antichi timori Ecco i cinque parametri da tenere d’occhio

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Ignazio Visco, governatore di Bankitalia e Christine Lagarde, presidente della Bce

La domanda è tornata d’attualità quando c’è stato in Borsa il crollo di Deutsche Bank: quanto è solida la banca nella quale hai depositato i tuoi soldi? E ancora: non c’è il pericolo che il tuo istituto, per i più svariati motivi, ti richieda un immediato rientro dal fido? Domande legittime ritornate d’attualità quando, alcuni mesi fa, all’improvviso è scoppiato il caso della Silicon Valley Bank a cui si è affiancato quello di Credit Suisse che, probabilmente, sarà presto acquisito, su pressioni delle autorità svizzere, da Ubs per la somma di 3 miliardi di franchi svizzeri per evitarne il fallimento.

Che fare, allora?

Ci sono cinque parametri da tener presenti per avere totale fiducia nei conti della tua banca, ma con due iniziali avvertenze. 

La prima: con il denaro è necessario usare sempre molta cautela. L’imprevisto è spesso dietro l’angolo. Anche se nei casi di Svb e di Credit Suisse le banche italiane sono risultate completamente estranee all’accaduto. 

La seconda: è bene ricordare che i depositi liquidi in conto corrente sono garantiti dal sistema fino a 100mila euro per tuttii correntisti. Ora vediamo i parametri che potete trovare tutti nei bilanci della vostra banca.

• Il primo parametro che deve essere valutato, se vogliamo analizzare con attenzione il nostro partner finanziario, è quello di considerare gli attivi. Quindi un occhio particolare ai “total assets” (dall’inglese “totale attivi”) che misurano il valore di tutti gli attivi della banca. Infatti, più che le dimensioni dell’istituto – anche se la regola del “too big to fail” (“troppo grande per fallire”) è sempre valida – è meglio considerare le dimensioni finanziarie.

• Attenzione, dunque, anche al secondo parametro: il Cet1 ratio (acronimo di Common equity tier 1 ratio) è l’indicatore che evidenzia il rapporto tra l’indicatore Cet 1 (rappresentato principalmente dal capitale ordinario versato) e le attività ponderate per il rischio. Secondo le norme di Banca d’Italia e della Bce, il Cet1 ratio per le banche biancorossoverdi deve essere superiore all’8% per essere ben dentro questa soglia di sicurezza. Occorre precisare che il Cet1 ratio da solo non determina quanto un’azienda di credito sia robusta dal punto di vista patrimoniale, ma è un indizio importante in un contesto di valutazione generale.

• Terzo parametro è il Tcr (acronimo di Total capital ratio) che evidenzia il rapporto tra il capitale di vigilanza e le esposizioni rischiose e punta a definire quanto la banca sia in grado di restituire il denaro ai propri clienti attraverso la garanzia del proprio patrimonio a sostegno degli impieghi effettuati. Il Total capital ratio per le banche italiane deve essere al di sopra del 10,5% richiesto dalla Bce. Quanto più è alto il Tcr, tanto più la banca dà garanzie di solidità patrimoniale. L’importanza del Total capital ratio deriva dal fatto che permette alla Bce di monitorare lo stato di salute di una banca e anche del sistema finanziario in generale. Questo è uno dei parametri a cui l’autorità monetaria fa riferimento soprattutto negli stress test periodici che conduce sulle banche europee.

• La crisi dei sistemi bancari esplosa nel 2007

con il crollo del mercato statunitense dei mutui subprime ha indotto il Comitato di Basilea a porre le basi per la nascita di un sistema finanziario mondiale più stabile e resistente ai casi di nuove crisi. Proprio quanto accaduto ha spinto governi e mercati a porre maggiore attenzione allo stato di liquidità delle banche, molte delle quali non si mostrarono capaci di fronteggiare imminenti obbligazioni con la crisi, nonostante possedessero ratio patrimoniali più che sufficienti. Vediamo, dunque gli altri due parametri.

• Quarto parametro: per questo è stata decisa l’introduzione del Liquidity Coverage Ratio (Lcr), il cui obiettivo consiste nell’assicurarsi che un istituto di credito detenga asset liquidi capaci di fronteggiare scadenze entro l’arco del mese senza incorrere in grosse perdite, e per questo viene definito lo “standard di liquidità di breve periodo”. Il requisito prevede che il valore del rapporto non sia inferiore al 100% (vale a dire che lo stock di attività liquide di elevata qualità sia quantomeno pari al totale dei deflussi di cassa netti).

• Infine, il quinto parametro sempre legato alla liquidità delle banche: l’Nsfr, acronimo di Net stable funding ratio, cioè il rapporto tra l’ammontare di provvista stabile disponibile e l’ammontare di provvista stabile obbligatoria. Anche questo indicatore deve mantenersi almeno pari al 100 per cento. A differenza dell’Lcr, l’indicatore Net Stable Funding Ratio determina la capacità di una banca di resistere ad un’ipotetica crisi di liquidità considerando tempi più lunghi: nell’arco di 12 mesi e non più di un mese.

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