Saper guidare la Federazione di un partito mettendo d’accordo cremonesi e cremaschi è come, su una strada, saper prendere i semafori tutti verdi. Eppure lui ce l’ha fatta. Tanto è vero che, a Cremona e provincia, Matteo Piloni del Pd è stato eletto consigliere regionale nel 2018 con 4.200 voti e l’anno scorso con 5.600 preferenze. Stiamo parlando di un personaggio non facile da decifrare: carattere determinato e risoluto (qualità apprezzate in un settore, quello della politica, dove i risultati sono l’unica colonna sonora), capace di forti relazioni anche con gli imprenditori, Piloni è lontano dal cliché del pidiessino tutta ideologia, zaino griffato e sezioni di partito.
Nato a Crema il 2 novembre del 1980, sposato, due figli: Giacomo e Caterina. Ha frequentato per due anni il liceo scientifico; bocciato, si è iscritto all’Itis ed è diventato perito meccanico. Si è, infine, laureato in Musicologia, facoltà scelta per la sua «sviscerata passione per la musica e il pianoforte». Ha firmato due libri: il primo dedicato alle Sorelle Bettinelli (tre cantanti popolari di Ripalta Cremasca), il secondo sul Festival di Sanremo.
La gavetta politica, appunto. È stato segretario della sinistra giovanile dei Ds cremaschi a 19 anni, poi segretario della Federazione Pd di Crema. E ancora: consigliere e assessore comunale sempre di Crema, segretario del Pd di Cremona e, infine, consigliere regionale a 38 anni, rieletto a 43 anni. Oggi è nell’ufficio di presidenza del Pirellone dove segue le commissioni Agricoltura, Trasporti, Affari Istituzionali, Pnrr, e monitora l’utilizzo dei fondi e l’efficacia dei bandi regionali. Pronto, a parere di molti, a volare a Roma da deputato o senatore.
Una vita politica, quella di Piloni al Pirellone, trascorsa, finora, stando sempre all’opposizione, con l’obiettivo di smontare le ricette che sono dietro a ogni provvedimento della maggioranza e di offrire soluzioni alternative e credibili. Non è certo fra quelli che propongono di eliminare la forfora tramite la decapitazione.
Wip pubblica sempre, e volentieri, la visione regionale della maggioranza in merito a temi e provvedimenti che riguardano imprese e imprenditori. Sentiamo anche l’altra campana.
Innanzitutto, che cos’è per lei la politica?
«Anche se gli scettici sono pronti a piegare gli angoli della bocca, la politica per me è più un mestiere che un lavoro perché dentro ci sono missione e passione».
Lei sa bene quanto sia difficile fare impresa.
«Certo, ma so anche bene quanto sia difficile fare impresa in Lombardia. Al di là della facile propaganda, la Regione ha stimato quest’anno una crescita dello 0,8%. È la prima volta che viene indicata questa percentuale così modesta: significa che gli ingranaggi della “locomotiva d’Italia” si sono inceppati e la Lombardia verrà superata da Regioni economicamente più forti come Veneto ed Emilia-Romagna. E se, nonostante tutto, l’economia lombarda non si è bloccata, il merito va solo all’impegno di migliaia di imprenditori che non mollano».
Che cosa non va?
«La Lombardia oggi è inefficiente per le lentezze burocratiche, le minori opportunità di crescita, i bandi complessi e senza alcuna utilità. Lo dicono gli imprenditori che trovano, per esempio, assurdo l’utilizzo del “click day” che dà i soldi non a chi li merita, ma a chi arriva prima a schiacciare i tasti del computer. Ma c’è dell’altro».
Dica.
«Prendiamo la misura “Nuova Impresa”. Anche in questo caso la maggioranza di centrodestra ha messo in moto una macchina narrativa che ha tanti strappi al motore».
Per esempio?
«Il provvedimento, che ha l’obiettivo di avviare nuove aziende con l’erogazione di contributi a fondo perduto, quest’anno è stato rifinanziato con 3,7 milioni, mentre nel 2021 i milioni erano 12. Manca, insomma, la spinta propulsiva regionale per far crescere le aziende. Ne visito tante e l’iniziativa che gli imprenditori ritengono abbia fatto fare il vero salto di qualità alle imprese è stata “Industria 4.0” grazie alla quale hanno potuto acquistare macchinari più innovativi e diventare, quindi, più competitivi. Oggi chiediamo che venga varata “Industria 5.0”, ma siamo sempre in attesa dei decreti attuativi. Infine, su un bilancio lombardo di 34 miliardi, ricco come quello di uno Stato europeo, vengono destinati alle imprese solo 430 milioni».
I nostri ITS: varati dal centrodestra, sono stati poi stati dimenticati per anni dal centrosinistra e oggi faticano a emergere. Quella perdita di tempo è rimasta una pietra d’inciampo tanto è vero che in provincia di Cremona abbiamo solo due ITS – a differenza di altre province lombarde – e quello che deve preparare i nuovi esperti utili alle aziende della cosmesi è finito sotto l’ombrello della Fondazione ITS di Bergamo.
«Non parlerei di ritardi, ma sicuramente di difficoltà e lentezze. La cosmesi, poi, è stata inserita nel settore della chimica ed è per questo che è emigrata a Bergamo. Ho chiesto alla Regione una deroga per farla rientrare nella ITS Academy Cremona, ma sto ancora aspettando. Le difficoltà, infine, nascono anche perché certi ingranaggi non sono ben oliati: infatti, le decisioni regionali sugli ITS devono essere prese a gennaio-febbraio di ogni anno e non a settembre, come succede oggi».
Chi non ricorda i tempi in cui gli americani credevano nelle potenzialità dei computer e di Internet e hanno sviluppato business planetari mentre noi europei opponevamo al progresso digitale solo grandi studi e profondi dibattiti? Anche oggi, sull’Intelligenza Artificiale, l’andazzo è rimasto ancora quello. Lei che cosa ne pensa? «L’AI sta già facendo la differenza fra le aziende: è avvantaggiato chi la sa utilizzare. Non la considero certamente il diavolo, ed è una conquista tecnologica utile all’impresa e alla sicurezza sul lavoro. Il Pd ha chiesto addirittura di educare da subito gli studenti all’AI. È necessario, inoltre, raccogliere questa sfida complessa e stringere accordi con le università perché quest’innovazione non diventi patrimonio di pochi. Come potrebbe succedere per il cibo sintetico che è un pezzo della soluzione della fame nel mondo, ma non deve finire in poche mani. È una questione di democrazia. Se combatto l’AI, poi la subisco; se invece ci investo posso decidere io le regole. Quindi, lascerei cadere i pregiudizi sull’ipotetico salto nel buio nel pianeta dell’Intelligenza Artificiale. La mia paura, invece, è quella di rimanere intrappolati in una caverna digitale nella quale le nostre vite possono venire manipolate in un Web senza regole. Sono, quindi, contro i preconcetti feroci, ma sono favorevole alle legittime perplessità».
Perché i cremaschi non sanno attrarre imprese? «Bisogna precisare subito che, nell’intera provincia di Cremona, i cremaschi risultano essere i più ricchi e, quindi, godono di una migliore qualità di vita. Non siamo attrattivi perché ci penalizzano le infrastrutture: le ferrovie non funzionano e il raddoppio della Paullese è una storia infinita».
Come uscirne? «Le soluzioni sono le stesse da anni. Per cui continuerò a battermi in Regione per il raddoppio più veloce della Paullese, per realizzare il treno diretto Crema-Milano e per il prolungamento del metrò il più vicino possibile al Cremasco. È, infine, necessaria una rete di ciclabili che unisca il Cremasco al Lodigiano e al Milanese, ma su questa partita sta già lavorando bene Consorzio.it».
Anche l’ormai fantomatica arteria stradale al servizio della zona industriale di Crema è diventata una storia infinita: se ne parla da 15 anni. Prima i 7 milioni stanziati per realizzare una “tangenzialina” che, in seguito, è stata accantonata a favore del prolungamento della Gronda nord che costerà 14 milioni almeno. Il doppio. «È opportuno precisare che sono stato io a portare i 7 milioni da Milano a Crema. E la verità è che sono sorti problemi riguardo al percorso della “tangenzialina”, attraverso perplessità di alcuni comuni coinvolti e oggettive criticità progettuali. Una situazione che avrebbe potuto portare via altro tempo: ecco perché si è scelto il prolungamento della Gronda nord, e bene ha fatto l’amministrazione di Crema. Ma c’era un peccato originale che impediva di realizzare quella strada».
Cioè? «L’ex presidente provinciale Massimiliano Salini, nel 2009, dal Pgt della Provincia di Cremona aveva tolto la possibilità di collegare la tangenzialina alla Brebemi rendendola, quindi, di insignificante utilità. Pochissimi se lo ricordano. Un’amnesia quasi collettiva»
Ci ricordava, invece, Umberto Cabini, amministratore delegato di Icas ed ex presidente di Confindustria Cremona che “una volta completata la Paullese, Crema e il Cremasco saranno più attrattivi per persone e aziende. Il grande sviluppo imprenditoriale sarà qui. Spero solo che ci siano meno logistiche e più aziende innovative”. In attesa delle aziende, stanno arrivando invece le logistiche: Dovera, Pandino, Rivolta d’Adda. Più camion su strade vecchie e strette.
«Nel luglio 2021 sono stato il primo firmatario di una proposta di legge che aveva lo scopo di governare il tema delle logistiche in Lombardia. Finalmente, dopo tre anni persi inutilmente, un mese fa la nostra Regione si è data una nuova normativa (i “decreti attuativi” sono previsti per ottobre) che regolamenterà il far west di questi insediamenti. La competenza non sarà più dei singoli comuni, ma delle province che dovranno prevedere ambiti territoriali di pianificazione sovracomunale per i quali è obbligatorio avere adeguate infrastrutture. Con questa legge non si è più sottoposti a decisioni altrui, insomma. Non si tratta di mettere le briglie a un settore che è al quinto posto nella costruzione del Pil lombardo, ma di favorirlo dal punto di vista economico, ambientale e della qualità del lavoro. Anche se la logistica come l’abbiamo conosciuta oggi è un fenomeno già in discesa. Il futuro delle logistiche riguarderà soprattutto l’ultimo miglio e l’implementazione dei Data Center».
Si sta parlando molto di Enrico Berlinguer, ex segretario del Pci, a proposito della pellicola “Berlinguer – La grande ambizione” che sarà il film d’apertura alla prossima festa del cinema a Roma il 31 ottobre, mentre stanno uscendo libri su Togliatti. Vorrei ricordarle che entrambi questi leader hanno camminato sul sentiero del vecchio massimalismo e non hanno mai abbandonato l’obiettivo di superare il capitalismo. E anche oggi che il segretario del Pd è la Schlein, la vediamo parlare poco e interessarsi ancora meno di imprenditori, fabbriche, partite Iva, lavoratori autonomi. Siete diventati finalmente socialdemocratici o no?
«Certo, tanto tempo fa. “Industria 4.0” l’ha fatta un segretario del Pd. Si deve parlare di più di imprese e sostenerle con convinzione perché se non ci sono gli imprenditori non c’è lavoro. Su questo tema, le mie critiche alla Schlein le ho già fatte. Attenzione però: imprese e diritti sociali sono due facce della stessa medaglia. Se è giusto aiutare le aziende, è altrettanto doveroso rivendicare la qualità del lavoro, un salario dignitoso, la sicurezza e la salute nelle fabbriche e negli uffici».
Cremona è una città stanca? “Sì” ha risposto in modo categorico Luciano Pizzetti che è stato deputato e senatore del Pd, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio nei governi Renzi e Gentiloni, ed è uno che a Cremona ancora oggi “detta la linea”.
«Cremona è cresciuta molto: oggi è una città universitaria. Il via lo ha dato l’amministrazione di centrosinistra guidata dall’ex sindaco Galimberti, puntando alla ristrutturazione di Santa Monica investendoci piani particolareggiati e risorse. Poi è seguito il decisivo intervento di Arvedi che per Cremona è un importante valore aggiunto. Ora si aspetta il nuovo campus al servizio della Cattolica e del Politecnico. Ma c’è un’altra eccellenza che deve essere rafforzata».
Per esempio?
«L’agroalimentare. Ricordo che questo settore a Lodi è diventato un cluster Cat.Al, cioè Cluster di alta tecnologia Agrofood Lombardia, un interlocutore istituzionalmente riconosciuto da Regione Lombardia per la Ricerca e l’Innovazione. Sarebbe opportuna, a mio parere, una collaborazione tra Cremona e Lodi perché i cluster godono anche di risorse europee».
I porti fluviali sono formidabili propulsori economici essendo degli hub della logistica. Perché non è successo al porto di Cremona?
«Il Po è l’elemento identitario per Cremona. Grandi passi avanti sono stati fatti dal punto di vista ambientale e turistico, meno dal punto di vista economico. Cremona si deve, quindi, rafforzare infrastrutturalmente verso foce Mincio e Valdaro che, nei fatti, è l’interporto di regione Lombardia. Il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità l’ordine del giorno mio e del collega Marco Carra con il quale abbiamo invitato la Giunta regionale e l’assessore competente a sollecitare il Governo a concludere il procedimento di istituzione della Zls (Zona logistica semplificata) dei porti fluviali lombardi e a rafforzare il ruolo e i collegamenti dei porti di Cremona e di Mantova Valdaro, quali interporti fondamentali nella gestione della logistica. Solo così si aiuterà il nostro porto a crescere».
Prima il “Patto per lo Sviluppo” nel 2004, poi “Promoviamoci” nel 2015, e ancora il “Masterplan 3C” nel 2019, infine le “Assise generali dell’Economia” nel 2024. I risultati di questa chiamata alle armi sono, al momento, modesti. Il non saper indicare obiettivi realistici e concreti può risultare inefficace come chi cerca inutilmente di dormire quando il vicino di casa prende a martellate il muro. Al contrario, il nuovo ospedale di Cremona che non era trai progetti del Masterplan, trovati subito i soldi è già sulla rampa di lancio. Allora, che cosa non va?
«Il Masterplan è stato presentato prima del Covid e ha bisogno di nuovi contributi e aggiornamenti. Del Cremasco, per esempio, si parla poco anche se è la parte più produttiva di tutto il Cremonese. Conosco ormai questa provincia palmo a palmo e mi sono fatto la convinzione che l’anello mancante per portare a casa i risultati è il ruolo della Provincia che può fare da regia e pesare nel rapporto con regione Lombardia e governo».
Ha paura delle critiche e del fallimento?
«Ho imparato a non averne. Se sbaglio, prendo la gomma, cancello e rifaccio».