Vince chi pratica l’ozio creativo: le migliori idee di Newton, infatti…

Trasformare la noia in opportunità per esplorare nuove vision e avere intuizioni e soluzioni impreviste

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Se vi dicessero che dopodomani avrete una giornata vuota, completamente libera da impegni, lavoro, a vostra completa disposizione, come vi sentireste?

La prima sensazione, sono sicuro, sarebbe un’enorme felicità, caspita, quando mai vi potrebbe ricapitare una giornata così?

 Ma poi, in maniera subdola e strisciante, probabilmente arriverebbe un pensiero, una paura sottile che piano piano prenderebbe corpo in voi: come potrei riempire la giornata? 

L’epoca in cui viviamo ci costringe alle scadenze, al ritmo, agli appuntamenti.

La noia non è contemplata, non può esserci nella nostra agenda, ne abbiamo paura. Ma la noia in realtà potrebbe essere la nostra migliore amica, un magnifico momento nel quale vi è assenza di “rumore di fondo” e di disturbi e, di conseguenza, un terreno solido sul quale far leva per poter porre dei cambiamenti, in noi stessi e nella nostra vita. Solo
con la noia possiamo veramente ascoltare noi stessi, capire le nostre
esigenze e indirizzare i nostri sforzi per trovare attività, siano esse fisiche o mentali, che siano per noi appaganti. In altre parole dobbiamo spostarci dalla noia e dirigere noi stessi verso un più interessante
“otium”.
L’antica Roma ha sviluppato una distinzione intellettuale tra “otium” e “negotium”, due concetti tra loro contrapposti che riflettono rispettivamente il tempo libero e l’attività occupata, il lavoro. 

Otium si riferisce al tempo libero, al riposo e alla tranquillità.
Durante il tempo di otium, le persone romane cercavano attività
che potessero portare al rafforzamento del sé interiore, come la
riflessione, la lettura, la filosofia, l’arte e l’intrattenimento. Otium
era associato a una qualità di vita più elevata e al perseguimento di
interessi personali e culturali.

Il negotium, invece, si riferisce alle attività occupate, al lavoro e
agli affari della vita quotidiana. L’impegno in negotium era considerato
una parte inevitabile della vita, ma era spesso visto con una certa ambivalenza, in quanto poteva distogliere dalle attività più
spirituali o culturali.
La distinzione tra otium e negotium non era una dicotomia rigida,
ma piuttosto un continuum.
Mentre la società romana apprezzava il lavoro e il contributo attivo
alla comunità e alla società in genere, c’era anche una consapevolezza
dell’importanza dell’otium per il benessere individuale e di conseguenza collettivo. Gli individui erano incoraggiati a bilanciare saggiamente entrambi gli aspetti della vita per raggiungere un equilibrio armonioso. In medio stat virtus.
Gli stati totalitari, che temevano più di ogni altro sistema politico la
libertà di pensiero, hanno sempre dato impulso alle attività dopolavoristiche, organizzando il tempo libero con meticolosa attenzione, regolando ferie e vacanze anche per i più giovani. In questo modo si evitava di far pensare le persone, assoggettandole mentalmente e tenendole impegnate quando non erano al lavoro.

L’inattività, invece, sviluppa i pensieri.

Si dice che Newton, durante un periodo di isolamento forzato a causa della peste, abbia fatto alcune delle sue scoperte più significative. Durante questo periodo sembra che sviluppò il calcolo infinitesimale, studiò la luce e il colore e soprattutto formulò la legge della gravità semplicemente guardando una mela cadere mentre era intento a oziare.

E proprio l’inattività forzata dei giorni nostri, la pandemia di COVID-
19, ha avuto un enorme impatto sulla vita quotidiana e ha portato a variazioni sostanziali nelle nostre abitudini, soprattutto nella nostra percezione dell’ozio.
Ci siamo trovati improvvisamente a lunghi e forzati momenti nei
quali dovevamo riempire il tempo a nostra disposizione, che in breve
tempo è sfociato nella noia più totale.

Per poter tenere lontana la noia durante i giorni tutti uguali del lockdown ecco che molti di noi hanno sviluppato in maniera più
o meno cosciente un’idea di ozio che è stato spiegato molto bene
dal sociologo italiano Domenico De Masi nel suo libro “La società
dell’ozio” pubblicato nel 2000: l’ozio creativo. Secondo De Masi, l’ozio
creativo non è da confondere con l’ozio inteso come inattività o pigrizia, bensì rappresenta un approccio costruttivo al tempo libero.

Questo concetto incoraggia l’idea che il tempo libero non dovrebbe
essere solo un periodo di riposo passivo, ma un’opportunità per
coltivare interessi personali, perseguire hobby, imparare nuove
competenze e, in generale, godere di attività che portano soddisfazione
individuale. L’ozio creativo è quindi associato a un approccio
più equilibrato e sostenibile alla vita, dove il tempo libero è considerato
prezioso e utilizzato in modo significativo per arricchire l’esistenza.

Trasformare la noia in un’opportunità per esplorare nuove idee, coltivare passioni personali o impegnarsi in attività creative ha portato ognuno di noi a una crescita personale significativa.
Il tempo trascorso forzatamente a casa durante la pandemia ha fatto sì che moltissimi di noi rivedessero il proprio bilanciamento
tra otium e negotium, rimodulandolo.
Le restrizioni e le misure di lockdown hanno portato a una varietà di cambiamenti nelle attività di tempo libero. Molte persone hanno cercato modi nuovi e creativi. Ciò ha portato a un aumento dell’interesse per
hobby individuali, letture, attività artistiche o nuove discipline sportive.

Digitalizzazione dell’ozio 

Le persone sono state costrette a spendere più tempo online per
socializzare, lavorare da casa, partecipare a eventi virtuali e consumare contenuti digitali.
Oggi una videocall è diventata la normalità, ma così non era 5
anni fa.

La crisi sanitaria ha portato molte persone a riflettere sulla propria vita, sulle priorità in seno ad essa e sul suo significato. A tutti è capitato durante la pandemia di ricevere mail o telefonate di lavoro anche la sera, con la scusa che “tanto sei a casa…”. Questo ha portato moltissime persone a costruire solidi steccati a difesa della propria vita privata.

L’interesse per le attività all’aria aperta, come passeggiate, escursioni, ciclismo o anche il semplice giardinaggio, è cresciuto notevolmente durante la pandemia. Pensate solo alla scelta di una nuova casa per
andarci a vivere, ad esempio: la presenza di un terrazzo o di
uno spazio esclusivo all’aperto è molto apprezzato e ricercato
dalle persone nelle loro ricerche immobiliari.

Portiamo il ragionamento di noia e ozio in ambito professionale.
Perché in un’azienda i cambiamenti quasi sempre provengono
dall’esterno, da un consulente o da una persona neoassunta con posizioni operative?

È molto semplice: è difficilissimo essere il motore di un cambiamento strutturale all’interno di un’azienda mentre si è occupati nelle faccende quotidiane. Riunioni, appuntamenti, la routine quotidiana e l’agenda programmata sono nemiche della fase creativa, come abbiamo visto sopra.
Per poter pensare e poi realizzare la riorganizzazione aziendale
al fine di migliorare i processi è necessario che vi sia qualcuno dall’esterno che ponga delle domande, molto semplici ma dirette: perché svolgete i processi in questo modo invece che in quest’altro?
Perché non saltare questi passaggi che sono ridondanti e non portano
all’efficienza? Solo chi guarda l’azienda dall’esterno ne ha una visione globale, disincantata, lucida e indipendente e, in questo modo, è in grado di offrire un contributo di cambiamento al fine di migliorare la produttività. Quindi non potendo portare un dipendente aziendale dal lavoro quotidiano all’ozio creativo, evidentemente risulta più efficiente
affidarsi a una consulenza esterna tramite la quale poter analizzare lo status quo dell’organizzazione e attivare le iniziative per mutare i processi interni, spesso grazie anche all’aiuto di strumenti informatici che snelliscono le procedure.


Tornando al discorso dell’ozio creativo, non ci sarebbero mai stati
tutti questi cambiamenti sociali se non fossimo stati fermi, immobili
e annoiati per diversi mesi.
Se si vuole essere creativi, bisogna recuperare una certa dose

di noia, che si trova in prossimità dell’otium. È solo quando vi sono queste condizioni e il tempo di riflettere, recuperando il taedium vitae – che per Seneca era l’opportunità di frequentare se stessi – che possono rivelarsi intuizioni preziose e soluzioni impreviste.

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