Fiscal Expert

Il commercialista (rating advisor) e l’accesso al credito delle Pmi italiane

Come avere il miglior rating per ottenere il miglior credito

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a cura del Dott. Commercialista e Revisore Legale Alessandro Zagni

Nelle piccole e medie imprese italiane (PMI) che insieme alle microimprese rappresentano il 99,9% totale delle aziende operanti sull’intero territorio nazionale, generando oltre il 70% del fatturato e contribuendo a impiegare oltre l’81% dei lavoratori, il credito bancario continua a rappresentare la principale fonte di finanziamento.

Tuttavia, la progressiva entrata in vigore dei nuovi standard di Basilea 4 (un “perfezionamento” “punto di arrivo” di Basilea 3), il cui obiettivo principale è quello di standardizzare la valutazione del rischio creditizio oggi basato sull’applicazione dei rating interni, ha indotto il sistema bancario a stabilire requisiti patrimoniali sempre più severi e una gestione del credito sempre più prudente.

Ciò ha generato una stretta creditizia creando non poche difficoltà a tanti imprenditori che, in molti casi, si sono trovati ad affrontare situazioni di grande criticità e tensione sul fronte della liquidità.

Le novità regolamentari menzionate, infatti, impongono alle imprese richiedenti il credito la necessità di fornire un set informativo al sistema finanziario, che tenga conto di una serie di fattori che andranno a definire il rating affibbiato.

Ma cosa è il rating? Altro non è che l’insieme di procedure di analisi e di calcolo grazie al quale una banca valuta quanto un cliente sia rischioso e quanto sarà produttivo in futuro se gli venisse concesso il credito richiesto. Tramite il rating si calcola la probabilità di default dell’impresa (attuale e prospettico).

Occorre pertanto analizzare le componenti del rating, ossia come il sistema bancario valuta la rischiosità e la probabilità di default in caso di concessione di prestiti all’impresa. Ciò in quanto l’attribuzione di un rating positivo è un elemento di reciproco vantaggio sia per le banche (minor accantonamento di capitale proprio) sia per le aziende. Un miglior rating, oltre a costituire una maggior probabilità di ottenimento di credito, ne rappresenta un’utile leva per ridurne il costo del credito ottenuto.

Ma per arrivare a tale risultato, che trova le proprie basi su una maggior cooperazione, trasparenza e riduzione delle asimmetrie informative tra le banche e le imprese, è necessario conoscere quali sono le componenti che determinano il rating. Queste sono individuabili in:

a) Andamentale: basata sull’analisi della Centrale Rischi Banca d’Italia e degli altri sistemi di monitoraggio credito (Crif, Cribis, Cerved…). Tale aspetto è imprescindibile in quanto è la “fotografia” immediata dell’impressa che il sistema finanziario vede;

b) Quantitativa: mediante l’analisi del bilancio/business plan, del rendiconto finanziario, della posizione finanziaria netta (PFN), del rapporto di copertura del servizio del debito (DSCR), ovvero l’indice che misura la capacità dell’impresa di pagare gli interessi e la restituzione del capitale dei finanziamenti in un determinato arco temporale, e dell’analisi degli svariati indici di bilancio attinenti alla sfera finanziaria della società;

c) Qualitativa: ovvero un’analisi della struttura societaria, con una attenzione al controllo di gestione, alle strategie aziendali e al mercato di riferimento.

Ne discende che per avviare un proficuo rapporto con gli istituti di credito, le imprese non si devono limitare a una semplice operazione di maquillage contabile del bilancio ma, avendo ben chiare le metodologie utilizzate dalle banche nella valutazione del materiale informativo, è fondamentale verificare se le informazioni prodotte dall’impresa siano in grado di permettere una corretta valutazione del rischio sottostante ad una operazione di finanziamento.

Occorre, pertanto, che l’impresa inizi un percorso virtuoso, agendo sulle componenti che determinano il proprio rating, con lo scopo di migliorare, di conseguenza, il merito creditizio, riducendo così la determinazione del rischio, attuale e prospettico, percepito dal sistema finanziario su di essa.

Oggi più che mai, infatti, è necessario attivare concretamente un sistema di monitoraggio continuo della gestione finanziaria, con un focus particolare sull’equilibrio di tesoreria (gestione della liquidità), sull’equilibrio della struttura patrimoniale (capitalizzazione ed indebitamento) e sulla sostenibilità finanziaria (dinamica fonti-impieghi).

Tale ambito rappresenta per i commercialisti specializzati un ruolo fondamentale nell’attività di analisi del merito creditizio delle imprese, permettendo ai professionisti di assumere un ruolo di rating advisor.

Ma quali sono gli obiettivi del rating advisor? Essi passano attraverso la comprensione e la gestione delle leve che definiscono il rating aziendale:

  1. a)  una razionalizzazione e un’ottimizzazione della struttura finanziaria aziendale, mediante il monitoraggio di tutte le componenti che ne influenzano l’andamento;
  2. b)  una pianificazione economico-finanziaria atta ad anticipare e affrontare con tempestività le sfide future, attraverso una corretta attività di analisi, pianificazione e monitoraggio, che permetta al management aziendale di prendere decisioni ponderate e razionali mediante la redazione di budget e di business plan;
  3. c)  un monitoraggio costante, in particolare, della componente andamentale e quantitativa del rating mediante periodiche interrogazioni alle banche dati esterne, confrontando nel tempo la liquidità generata dalla società e l’andamento degli indici finanziari;

d) infine, un miglioramento nella credibilità e nella reputazione aziendale attraverso una trasparente comunicazione finanziaria, con la riduzione dell’asimmetria informativa.

Il Commercialista specializzato in ambito finanziario rappresenta il più immediato e diretto interlocutore nell’accompagnare l’impresa a intraprendere questo percorso migliorativo, in considerazione della disponibilità dei dati e dell’ampia conoscenza delle componenti e degli aspetti oggetti di valutazione. Si pensi, ad esempio, agli aspetti societari, contabili e fiscali che rappresentano elementi essenziali nell’analisi complessiva.

Da qui parte il percorso che l’imprenditore deve intraprendere, affidandosi al commercialista, anche in tale ambito, per imparare a “leggere” i numeri della propria impresa con una visione più ampia, al pari di tutti gli altri stakeholders.

Tra questi menzioniamo – ad esempio – chi ha finanziato a vario titolo l’attività (le banche, le società di leasing, di factoring etc.), i fornitori stessi, eventuali soci finanziatori o sottoscrittori di altri strumenti di debito, e – in generale – tutti i soggetti interessati alle sorti dell’attività e alla riduzione del rischio di default della stessa.

Ne consegue, quindi, che un aumento nella fiducia che l’impresa trasmette all’esterno si traduce, in termini pratici, in un miglior accesso non solo al credito bancario ma anche ad altre forme di finanziamento (si pensi anche alle opportunità di finanza agevolata), e ciò determina per le imprese minori costi per interessi passivi, minori garanzie da rilasciare, maggiore disponibilità di finanza per crescere.

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